Cronache

Black Lives Matter, un’altra guerra dei trent’anni?

Le manifestazioni “Black Lives Matter” continuano negli Stati Uniti e vari gruppi sembrano portare le proprie motivazioni. Stiamo vedendo un’altra guerra dei trent’anni?

Black Lives Matter, un’altra guerra dei trent’anni?

Gli Stati Uniti sono stati luogo di varie proteste e manifestazioni dopo la morte di George Floyd, un afro-americano vittima di un incontro con la polizia a Minneapolis dopo essere stato fermato per un presunto spaccio di moneta falsa. La sua morte ha dato vita al movimento “Black Lives Matter” (BLM) - Le Vite Nere Contano - che continua tutt’ora ad organizzare eventi per il mondo. Però, oltre al gruppo “BLM” si sino aggiunti altri, ognuno con motivazioni sia simili che proprie. Similmente alla guerra dei trent’anni, iniziata con la defenestrazione di Praga nel 1618 per divergenze religiose e finita in gran confusione per motivi sempre più complicati e disgiunti, anche le proteste in America sembrano aver cambiato motivo, o meglio, vari “motivi per protestare” sembrano aggiungersi a BLM.

Su “BLM” si è discusso molto e le parole chiave sono sempre state razzismo ed ingiustizia. È anche vero che non si è parlato molto della prospettiva opposta, cioè quella delle autorità giudiziarie e le forze dell’ordine. Una prospettiva importante da capire per poter formulare un’opinione propria all’insegna della saggezza.

Al di là delle file di manifestanti bendati ed armati di mattoni o bottiglie congelate (lasciamo perdere il contenuto di quelle bottiglie…) ci sono le forze dell’ordine, uomini e donne in divisa che hanno il compito di tutelare la sicurezza di tutti. Certo, non è forse inaspettato vedere ostilità verso la polizia in questo momento ma è altresì vero che non si può generalizzare le azioni di alcuni agenti verso il concetto generale di “polizia”.

Abbiamo chiesto al Dipartimento di Polizia di Kansas City (KCPD) di raccontarci la loro prospettiva e la modalità del loro operato. La zona di Kansas City, nello stato del Missouri sul confine del Kansas, ha visto varie proteste ma non al livello di Minneapolis o Portland (nello Stato dell’Oregon). È quindi una città ideale per capire la natura “media” degli eventi BLM. Le manifestazioni non sono spesso annunciate pubblicamente ed è quindi difficile dare un numero a quante ce ne sono state finora.

L’agente Doaa El-Ashkar, dell’unità mediatica, ci racconta che nelle prime manifestazioni ci sono stati molteplici incidenti con furti, danni ad edifici ed auto bruciate, tra cui della polizia e di emittenti televisivi. “Tutti gli agenti in servizio nei primi giorni sono stati assaliti da protestanti con sassi, bottiglie, scatole di alimentari, scarpe ed altro” spiega l’agente. Due in particolare sono stati gravemente feriti: concussioni cerebrali ed un fegato lacerato. Oltre 200 denunce sono state registrate ed oltre 200 arresti sono avvenuti.

Il modus operandi è dovuto naturalmente cambiare in uno sforzo per evitare un’escalation, monitorando le proteste per garantire la sicurezza di protestanti, passanti ed agenti. Dopo le prime manifestazioni più agitate le proteste sono state in gran parte pacifiche. Un’istanza che ha colpito “al cuore” è stata la vandalizzazione del Monumento ai Caduti qualche settimana fa, avvenuto durante una protesta davanti al quartier generale di KCPD. Un evento che però ha anche unito la comunità, riunitasi durante il weekend per pulire il monumento e riparare i danni assieme agli uomini e le donne in divisa. Non c’è un singolo gruppo o movimento che organizza questi eventi e, come racconta l’agente El-Ashkar, “ognuno sembra avere un’agenda propria”.

Quando ogni gruppo cerca di portare la propria agenda si crea non altro che confusione. Il tema originale, “BLM”, sembra oscurato da altre tematiche. La città di Kansas City ha vissuto proteste per BLM, pro-Polizia, contro il Comune ed addirittura contro il questore. E nella confusione si rischia di perdere fiducia nelle autorità, in quella struttura giudiziaria necessaria per il corretto funzionamento di ogni società. Fortunatamente, l’agente di Kansas City ci spiega che la comunità non ha perso fiducia nella polizia. In particolare, le relazioni positive precedentemente esistenti tra la popolazione e gli agenti ha aiutato, mantenendo un rispetto reciproco. “Penso che molte persone abbiano avuto resistenza a dimostrare vicinanza e supporto alla polizia per paura di essere “sotto mira” da vari gruppi” - continua l’agente. Una realtà assai grave dove il libero pensiero ed il “diritto al dubbio” sembra essere un crimine.

Dopo tutto, lo scopo di KCPD non è cambiato: la protezione dei cittadini. Uno scopo chiaro, semplice e ben importante dato che la principale preoccupazione a Kansas City è il crimine violento che continua a causare omicidi.

Sempre al servizio della comunità. Ed è assolutamente fondamentale ricordarlo. KCPD ha ricevuto donazioni di alimentari, lettere di supporto, messaggi privati, telefonate e - come racconta El-Ashkar - “buone azioni casuali” che continuano a dimostrare la vicinanza e umanità tra gli agenti e la popolazione. A Kansas City ci sono, giustamente, molti leader nelle comunità che spingono a mantenere (non cominciare, ricoridiamo che KCPD è sempre stata vicina ai cittadini) un rapporto positivo con le autorità. Ricordarsi che si può dialogare con la polizia è il primo passo verso la pubblica sicurezza.

Ma siamo ormai giunti alla fine di queste manifestazioni? È difficile dire se siamo ai postumi. Certo c’è da sperarlo. Per queste proteste ci sono state violenze, furti, danni ed addirittura un coprifuoco per garantire la sicurezza. Manifestare è certamente un diritto, ma si spera che i manifestanti si riescano per un motivo nobile e comune, e non ognuno per motivi diversi (e propri). Lontano da una vita tranquilla.

Questa specie di “guerra dei trent’anni” dove ognuno cerca di portare la propria agenda nelle manifestazioni è pericolosa non solo per la violenza che segue, ma per la perdita di visione che si può avere.

Ci si dimentica troppo velocemente l’origine e si finisce per odiare un pò tutto e tutti, specialmente se c’è una divisa con distintivo di mezzo.

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