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Floyd, scontri e roghi a Minneapolis. Trump: "Inizieremo a sparare"

Le proteste in nome di Floyd, da Minneapolis, si stanno estendendo ad altre metropoli degli Stati Uniti e stanno divenendo sempre più violente

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Negli Usa dilaga la protesta contro gli abusi della polizia ai danni degli afroamericani, con migliaia di persone scese in piazza in questi giorni in nome di George Floyd, il quarantaseienne nero ucciso di recente a Minneapolis durante un fermo di polizia, a causa di un agente inginocchiatosi sul collo del malcapitato. Manifestazioni a sostegno dei diritti delle persone di colore si stanno succedendo non solo nella città in cui si è consumato l’omicidio, ma in tante altre metropoli del Paese, come New York e Denver, ma gli stessi cortei stanno purtroppo sfociando in esplosioni di violenza e saccheggi.

Sulla vicenda di Floyd ha preso posizione in questi giorni anche l’Onu, per bocca di Michelle Bachelet, Alto commissario per i diritti umani. L’ex presidente cilena ha infatti condannato l’assassinio di quell’uomo, ricordando contestualmente tutti i cittadini di colore, come Breonna Taylor ed Eric Garner, rimasti uccisi in questi anni negli Usa nelle medesime circostanze, ossia nel corso di controlli di polizia.

Sull’onda dello sconvolgimento emotivo provocato negli Stati Uniti dall’assurda morte consumatasi ultimamente a Minneapolis, manifestazioni su manifestazioni stanno riempiendo innanzitutto le strade della città in questione, ma, allo stesso tempo, stanno diventando sempre più pericolose per l’ordine pubblico. In base a quanto riporta La Repubblica, questa notte è stata segnata lì da tafferugli e devastazioni, con “centri commerciali devastati, auto in fiamme, strade invase dai lacrimogeni, collegamenti pubblici sospesi”.

Il culmine della rabbia delle persone scese in strada nella metropoli per gridare il nome di George Floyd si è quindi avuto quando queste hanno deciso di condurre un assalto a un commissariato della polizia locale. I facinorosi, dopo avere mandato in frantumi i vetri dell’edificio, sono alla fine riusciti a entrare nella sede del comando delle forze dell’ordine, abbandonandosi di conseguenza ad atti di vandalismo contro gli uffici degli agenti e concludendo il loro raid dando alle fiamme parte dello stesso commissariato.

Anche altri palazzi della zona sono stati incendiati dalla folla, costringendo i reparti anti-sommossa a sgomberare i violenti esplodendo contro di loro dei proiettili di gomma. Constatata la piega insurrezionale sempre più assunta dal movimento di protesta, il sindaco di Minneapolis Jacob Frey, citato dal giornale romano, ha dichiarato lo stato di emergenza, invocando l’aiuto delle autorità dello Stato del Minnesota per ripristinare l’ordine e la sicurezza in città.

All’appello di Frey, fa sapere la Cnn, ha immediatamente risposto Tim Walz, governatore dell’entità federata, provvedendo a schierare la Guardia nazionale per prevenire disordini ad opera degli attivisti scesi in strada.

Contro il sindaco si è scagliato Donald Trump, accusandolo, tramite Twitter, di “assoluta mancanza di leadership” nella gestione della sicurezza urbana.

I facinorosi di Minneapolis sono stati poi bollati dal presidente come “teppisti”. E il presidente si è detto pronto a usare il pugno di ferro.

Le contestazioni ai danni della polizia e le devastazioni, rimarca la testata, si stanno però estendendo a macchia d’olio in tutti gli Stati Uniti.

Ad esempio, a New York, centinaia di manifestanti hanno recentemente invaso le strade di Manhattan denunciando la sorte subita da George Floyd, per poi dare vita a un lancio di bottiglie e di altri oggetti contro le pattuglie delle forze dell’ordine che stazionavano davanti al municipio della Grande mela. Al termine di tali scontri, un manifestante è stato arrestato per possesso illegale di armi, altri per avere gettato in strada i bidoni della spazzatura e per avere bloccato la circolazione.

Un’analoga situazione critica, creatasi sempre durante un corteo organizzato per condannare gli abusi degli agenti nei riguardi degli afroamericani, è quella di Denver, in Colorado. Anche in tale metropoli la pacifica contestazione di piazza si è trasformata in breve tempo in una minaccia all’ordine pubblico, con diversi colpi di arma da fuoco sparati da parte di alcuni manifestanti e con dei blocchi stradali illegali messi su dai medesimi partecipanti ai cortei in ricordo di Floyd e di tutti i cittadini di colore uccisi dalle forze dell’ordine statunitensi.

Altre città interessate per il momento da proteste in strada e da sit-in polemici all’indirizzo delle violenze dei poliziotti sono Oakland, San Francisco e Chicago.

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