Cari catastrofisti, il whisky non morirà di caldo

Cari catastrofisti, il whisky non morirà di caldo

Che l'anno scorso in Scozia abbia fatto caldo, caldissimo, praticamente una Grecia col tartan, lo dice anche l'erba. Sul tetto della nuova, modernissima distilleria Macallan, le zolle di prato sono ancora secche. E fin qui siamo a gravi problemi di giardinaggio. Ma dire che per questo la cosiddetta uisge beatha, l'acqua di vita, smetterà di sgorgare, è terrorismo climatico puro. Anzi, terrorismo alcolico, che è pure peggio. In Scozia al momento sono attive 130 distillerie. Sette sono state aperte nel 2017, 4 nel 2018, 5 quest'anno. Ci sono piani per fondarne di nuove, riaprirne di vecchie (le mitiche Brora e Port Ellen) e ampliarne di piccole per quasi un totale di circa 40 impianti. Torabhaig sull'isola di Skye, Clydeside a Glasgow, Ardnahoe su Islay, ecc. Macallan ha appena investito 140 milioni di sterline per la nuova distilleria, che arriverà a una potenziale produzione di 15 milioni di litri di alcol all'anno. Un boom che ha un solo precedente, a fine Settecento. E tutto ciò nonostante la Brexit imminente. Ora, gli scozzesi hanno tanti difetti, ma non sono proprio dei fessi quando spendono un penny. Se i pareri degli «esperti» di cui parla il Guardian davvero fossero così catastrofici, c'è da scommettere che in tanti ci avrebbero pensato due volte prima di investire in un business che - nonostante cresca in export per il 7,8% annuo - sarebbe destinato a crollare per la siccità. Le estati calde accadono, lo sappiamo anche in Italia, quando ogni anno Coldiretti ci avvisa che per qualche motivo climatico nespole, olive o uva costeranno di più. Il che non si significa che per realtà piccole e familiari come Glenfarclas ciò non sia un problema. Però occorre anche dire che la «silent season», il periodo in cui non si distilla d'estate, c'è sempre stato. E occorre dire che l'acqua serve ormai solo per alcune fasi della produzione, dato che per il maltaggio e soprattutto per la coltivazione dell'orzo, che arriva spesso da Canada o Ucraina, l'acqua ce la mette qualcun altro. Riassumendo. Gli scozzesi continueranno serenamente a produrre whisky come quando a fine Seicento si rifugiavano nelle Highlands per fuggire dagli esattori della Regina. E come accade ora, continueranno a riutilizzare l'acqua per scaldare o raffreddare gli impianti.

Forse al massimo l'acqua contingentata farà selezione in un mercato che - complice l'abnorme richiesta dall'Asia - è cresciuto a dismisura e ha aperto anche ad avventurieri e speculatori che vogliono solo cavalcare l'onda. Che poi col caldo ci possa passare la voglia di torbati davanti al camino, questa è un'altra storia...

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