C i sarà una nuova Caporetto nel 2017? A cent'anni esatti dalla disfatta della Prima guerra mondiale, molti osservatori si stanno chiedendo se l'Italia dovrà affrontare un'altra storica débâcle, magari sperando che, dopo la ritirata, ci sia poi un'insperata vittoria. Intendiamoci, la situazione non è così apocalittica come quella di un secolo fa ma, soprattutto sul piano economico, non c'è proprio da stare allegri e basta fare una mano di conti per comprendere che la situazione è quasi disperata.
I fronti aperti sono davvero tanti: dalle banche sull'orlo del crac al debito pubblico in netta crescita dopo la «cura-Renzi»; dai rischi di una deflazione ancora incombente alle troppe deroghe chieste, negli ultimi mesi, a Bruxelles; dai riflettori puntati dalla Bce, nonostante Draghi, alla disoccupazione, soprattutto giovanile, in continua crescita a dispetto dei voucher; dalla bomba ad orologeria dei nuovi referendum al made in Italy sempre più in difficoltà e pronto ad abdicare al capitale straniero.
Il quadro sembra tragico o quasi. Eppure ci sono molte ragioni - alcune italiane, altre internazionali - che inducono a un maggiore ottimismo, anche se il nuovo anno si è subito presentato con il Capodanno di sangue di Istanbul. Cominciamo dall'astinenza-Matteo: l'uscita di scena di Renzi, tra l'altro, rasserena un clima politico che, con il referendum del 4 dicembre, aveva raggiunto livelli allarmanti. E, al riguardo, riporto cosa affermava il futuro premier Gentiloni quando sedeva, accanto a me, in un banco della commissione di Vigilanza Rai a guida Zavoli: in tv bisogna evitare a tutti i costi la politica gridata. Oggi ha l'opportunità di mettere in pratica le sue idee e non solo davanti alle telecamere. È vero, il nuovo capo del governo comincia la sua corsa con notevoli handicap perché dovrà anche farsi carico delle mancate decisioni di Renzi, ossessionato dal referendum, ma potrà lavorare, comunque, in un clima più sereno. Paradossalmente, le insidie maggiori gli arriveranno proprio dal putto di Firenze che vorrebbe rispedirlo in panchina in tempi brevi, illudendosi di riprendere, così, in mano le redini di Palazzo Chigi e del potere.
Mattarella e gli italiani glielo impediranno per il semplice motivo che adesso, dopo le tante slides e gli annunci mai seguiti dai fatti, è assolutamente necessario un periodo di decantazione per affrontare tutti quei provvedimenti che, colpevolmente, sono stati accantonati. Bisogna, insomma, dare il tempo a Gentiloni di rimediare ai guasti del passato e, se proprio dovrà procedere a qualche rimpasto di governo, non sarebbe male un cambio della guardia, anche in vista di un possibile referendum sul Jobs-act, al ministero del Lavoro con Poletti che, magari, viste le sue inclinazioni, potrà trovare una ricollocazione all'estero.
Anche il quadro internazionale dovrebbe favorire l'Italia: l'insediamento alla Casa Bianca di Trump, che sembrava una iattura per l'Europa, potrebbe migliorare lo scenario, cominciando dai rapporti con la Russia di Putin per troppo tempo messa in un angolo per colpa di Obama. Basta con l'embargo a Mosca, porte aperte alle nostre aziende. Ma il tanto bistrattato tycoon è destinato a dare una grossa mano anche sul fronte economico, soprattutto con i tassi d'interesse: un loro aumento controllato, sulla scia di quelli Usa, potrebbe, infatti, ridarci ossigeno. E Wall Street, considerando che il nuovo presidente ha un debole per il mondo produttivo, probabilmente sarà un volano anche per Piazza Affari. Non dimentichiamoci, poi, che una Germania meno incalzante, con la Merkel distratta dalle elezioni, per l'Europa è un toccasana, in particolare per i partner più deboli come l'Italia.
Senza considerare che l'uscita definitiva della Gran Bretagna dalla Ue, con la formalizzazione della Brexit, finirà per essere un elemento di chiarificazione e di minor tensione all'interno del club di Bruxelles. Insomma, in attesa del Piave, speriamo proprio che nel 2017, cent'anni dopo, non ci sia una Caporetto-bis.
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