"Il Jobs act riduce i diritti di chi lavora. Un lavoratore può essere licenziato e demansionato. Non è questo ciò che ci serve". Ne è convinto Maurizio Landini, leader della Cgil, che si è sempre proclamato contrario alla misura. Ma forse non sa che il Jobs act è stato applicato anche all'interno del suo sindacato.
Secondo quanto riporta Italia Oggi, infatti, sembra che una lavoratrice sia stata licenziata su due piedi: "Dal 1985 al 1993-dice- sono stata nella sede provinciale, poi sono passata alla Fillea, il sindaco Cgil dei lavoratori dell' edilizia e del legno, che ho contribuito a fare crescere". Poi, improvvisamente il licenziamento: "Ho partecipato a un comitato direttivo e sono tornata in ufficio. Qui un compagno della segreteria mi ha detto senza tanti complimenti: ti comunico che sei licenziata, consegna immediatamente le chiavi". La donna, una madre malata di Alzheimer e un fratello disabile, afferma di non aver mai avuto nessun tipo di contestazione e la comunicazione è stata come "un fulmine a ciel sereno".
Sebra che la funzionaria abbia chiesto spiegazioni ma, per il momento, senza nessun risultato, a parte la lettera di licenziamento che specifica che la misura è stata adottata "in conseguenza della crisi economica che ha colpito, tra gli altri, anche il nostro settore di riferimento, con conseguente calo degli iscritti e dei relativi contributi sindacali, per cui si è reso necessario procedere alla riorganizzazione lavorativa interna e all' ineludibile contenimento dei costi, con conseguente esubero di personale dipendente". La sua mansione sarebbe stata soppressa e la Cgil non sarebbe riuscita a trovarle un altro posto nel sindacato.
La donna afferma che farà ricorso, contro il sindacato che
è stata la sua "seconda casa" per ben 34 anni e che dopo tanto tempo l'ha tradita, licenziandola su due piedi, appellandosi all'odiato Jobs act, e comunicando la decisione in modo asciutto con "sostanziale indifferenza".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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