Che impressione se anche il Carroccio "nazionalizza"

Che impressione se anche il Carroccio "nazionalizza"

La Lega di Matteo Salvini è passata dalla «secessione» alla «nazionalizzazione». L'inversione di rotta è colossale. Un tempo, neanche troppo lontano, sarebbe stato impossibile accostare la Lega alla «nazionalizzazione», parola inconciliabile con «federalismo» e «autonomia» e «decentramento» o devolution, come si diceva allora. Le nazionalizzazioni erano il simbolo del male per chi seguiva la lezione di Gianfranco Miglio e accanto alla lotta per il federalismo era deciso a immettere un po' di liberismo nell'economia. La Lega ha mutato pelle. La cancellazione del Nord dalla ragione sociale ne è la migliore testimonianza. In questo modo, Matteo Salvini ha invitato e convinto a votare Lega anche i cittadini del centro e del sud. Nessuno però avrebbe immaginato che si sarebbe spinto fino a considerare l'ipotesi di togliere concessioni ai privati (forse indegni) non per dare ad altri privati (forse più degni) ma direttamente allo Stato. Il matrimonio d'interesse con il Movimento 5 stelle ha reso possibile anche questo accoppiamento contronatura: Lega e statalismo. Non passa giorno senza che il Movimento 5 stelle chieda la nazionalizzazione di qualunque cosa. Probabile che i 5 stelle reagiscano così perché non hanno idea di come risolvere i problemi e dunque invocano lo Stato, immaginaria panacea di ogni male. Le nazionalizzazioni però spalancherebbero una voragine di miliardi nei conti dello Stato stesso. Lo Stato poi si è dimostrato un pessimo gestore dei beni pubblici. Tutto questo è noto ai leader leghisti che infatti cercano di tirare il freno davanti alle sparate grilline. Segno che nella base, e non solo in quella, ci deve essere un mal di pancia provocato dalle misure sovietiche proposte dagli alleati di governo. Forse il problema del decentramento non è avvertito dai nuovi elettori della Lega «sovranista». Ma gli elettori «storici» della Lega ancora credono al sogno federalista: Veneto e Lombardia si sono appena pronunciate per l'autonomia con un referendum di cui non si sente più parlare. Ci sono poi i cittadini che, a causa della legge elettorale, hanno votato un candidato leghista pur preferendo un altro partito della stessa area politica.

Costoro sono infuriati: pensavano di avere mandato in Parlamento politici attenti ai temi del centrodestra e ora si ritrovano un governo impantanato nello statalismo a 5 stelle, il peggiore, quello che condanna alla decrescita (in)felice.

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