Churchill ordinò: salvate gli animali

Churchill ordinò: salvate gli animali

In molti Paesi quello che è atteso come il film dell'anno è già uscito nelle sale cinematografiche, mentre da noi si potrà vedere a fine mese. Si tratta di Dunkirk, del regista Cristopher Nolan. Buona parte della critica lo ha osannato come il migliore film di guerra mai visto e ha acceso di nuovo i riflettori su una pagina storica molto controversa. Come noto, dopo l'inizio della Seconda guerra mondiale, un'ardita manovra dei tedeschi attraverso le Ardenne imbottigliò quasi 400mila soldati francesi e britannici, per la maggior parte, a Dunkerque, con alle spalle la Manica e davanti i panzer di Hitler. Churchill, in accordo coi francesi, avviò l'operazione Dynamo, l'evacuazione dei militari franco-inglesi dalla cittadina al confine tra Francia e Belgio. I britannici riuscirono a salvare quasi 340mila soldati, tramutando una sconfitta devastante in uno smacco per il nazismo.

Le luci sulla ritirata di Dunkerque, riaccese dal film di Nolan, hanno mosso Israel Igualate, insegnante di Storia politica alla California University (e grande amante degli animali) a occuparsi, sul Global Animal, delle sorti degli animali che furono coinvolti nell'operazione ideata da un primo ministro come Winston Churchill che aveva un'enorme sensibilità nei confronti di qualunque specie animale, in questo imitato dal generale inglese Montgomery che avrà un ruolo fondamentale nelle vittorie inglesi in Africa contro Rommel, come chiamò il suo adorato cane.

Naturalmente la storia si è occupata, nei minimi dettagli, degli enormi sacrifici compiuti dai britannici per evacuare gli uomini imbottigliati sulla spiaggia normanna, ma pare, per desiderio dello stesso Churchill, tutti gli animali che potevano essere tratti in salvo lo furono. Il «miracolo della liberazione» come lo definì il grande statista britannico si estese, con sua piena soddisfazione, anche agli animali. L'ufficiale inglese secondo tenente E.J. Haywood ha scritto: «I cani erano storditi e correvano all'impazzata, cercando i loro proprietari. Altri cani erano stati lasciati legati con la speranza che qualcuno si impietosisse di loro e abbaiavano furiosamente verso tutto e tutti. Nei campi le mucche muggivano e si muovevano disordinate chiedendo di essere munte. Sulle spiagge file di animali avanzavano nella sabbia verso le navi della salvezza».

Stanley Allen, un nostromo inglese a capo di una nave da soccorso scrive: «C'era un piccolo cane, un meticcio tipo Terrier, arrivato a bordo con alcuni soldati che lo avevano recuperato sulla spiaggia. Mi capì solo quando gli parlai in francese e da allora non mi avrebbe più voluto abbandonare. Lo chiamammo Kirk e quando finalmente le operazioni belliche furono finite, lo portammo in un rifugio per la quarantena e, finita quella formalità, lo affidammo al personale della parrocchia dove il padre del nostro sottogruppo era vicario. Tutti noi abbiamo applaudito quel vecchio cane. Era una briciola d'umanità nella carneficina di Dunkerque... era come se la gente, a dispetto di tutto, fosse ancora in grado di commuoversi».

Poi ci fu la storia di Boxer, il bulldog e del suo custode, il capitano C.

Paytonsmith che si separarono in Francia e si riunirono in Gran Bretagna, ma solo dopo che Boxer fu fisicamente costretto in una nave a causa del suo disprezzo per l'acqua.

Sul campo di battaglia, conclude Igualate, una vita è una vita, sia che si tratti di un uomo sia che si tratti di un cane bastardo.

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