Un consiglio non richiesto all'Europa

Un consiglio non richiesto all'Europa

L'altra sera chiacchieravo di politica con un mio vecchio amico, un artigiano, che manda avanti a fatica una falegnameria in un piccolo paese. Non è rancoroso. Non si sente né sovranista né populista. Aspetta da sempre il miracolo di una riforma fiscale e pensa che il reddito di cittadinanza sia la solita roba di chi baratta i voti con l'assistenza. Non è uno sprovveduto. Non si lascia incantare dalle promesse di Salvini o Di Maio, eppure confessa di avere votato una volta i grillini e forse a primavera metterà una croce sulla Lega. «È inutile - dice - che mi guardi così. Lo so come la pensi. Non ti piace chi parla al ventre e alla pancia della gente. Non ti fidi di chi gioca sulle paure. Non sopporti la democrazia dei like. Ti piace raccontarti come libertario. Bravo. Magari pure io. Solo che io non voto per Salvini o per chi la pensa come lui, ma contro l'Europa». Attenzione. Il mio amico non fa il solito discorso antieuropeista sulle ingerenze di Bruxelles e sul «siamo italiani, che cosa vogliono questi da noi». Non ha molta simpatia per la spocchia francese o l'arroganza tedesca, ma la sua intolleranza è più profonda. «Sai qual è il vero problema? Non ho ancora capito che razza di pesce sia l'Europa».

Non condivido tutte le sue scelte, ma su quella domanda forse vale la pena riflettere. Cos'è l'Europa? Finora abbiamo sentito Juncker, Oettinger, Macron e tutti i campioni dell'europeismo disprezzare i barbari, i nuovi fascisti, chiamare a raccolta la brava gente contro il vento autoritario. Non basta. È una strategia che rischia di essere ottusa e puzza di oligarchia. Così hanno solo raccontato gli altri, con il risultato di renderli più forti. Non hanno detto nulla dell'Europa.

Il guaio è che l'Europa, e l'Occidente, da troppo tempo hanno smesso di raccontarsi. Come se i valori su cui si fonda questa civiltà, libertà, democrazia e pure il vecchio motto crociano del non possiamo non dirci cristiani (al di là della fede in un Dio), fossero in fondo qualcosa da disprezzare, di cui vergognarsi. L'Europa è diventata così solo un protocollo, un vademecum, un vestito per sentirsi bravi, buoni, belli, e moralmente di moda. Insomma, dei sepolcri imbiancati. Gli altri, i sovranisti, i populisti, hanno avuto gioco facile. Hanno dato nuovi dèi per placare le paure di un continente smarrito. L'Europa doveva avere come ragione sociale il principio delle opportunità per tutti.

Il sogno per il figlio dell'ultimo degli ultimi di giocarsi la propria partita, di non rimanere oltre le mura. Non lo ha rispettato. L'Europa si mostra come un grande ministero, dove ognuno pensa a sbattere fuori l'europeo di un'altra nazionalità. Ed ecco la fiera dei nazionalismi.

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