
L'iniziativa è senza dubbio lodevole. Perché mettere il presidente del Consiglio davanti ad una sfilza di domande a ruota libera per un'ora e passa non è certo cosa di tutti i giorni. Soprattutto di questi tempi, segnati inesorabilmente dalle rigide regole d'ingaggio imposte dalla comunicazione della Casaleggio Associati.
I big del M5s, infatti, si concedono ai talk tv solo con la garanzia di non avere interlocutori che possano interromperli o fare domande scomode. E anche gli ultimi arrivati pretendono di essere intervistati dai quotidiani - grandi o piccoli che siano - con domande e risposte scritte via mail. Insomma, un solo precetto: evitare qualunque contraddittorio. Che Giuseppe Conte - e quindi anche il suo portavoce Rocco Casalino - ieri abbia deciso di sottrarsi a questa pratica da repubblica delle banane è dunque un'ottima notizia, anche perché, finita la conferenza stampa nella sala degli Arazzi di Palazzo Chigi, il premier è andato avanti a rispondere alle domande anche durante il successivo brindisi. Il problema, però, è che è proprio questa l'unica notizia venuta fuori da oltre un'ora di domande su tutti i temi caldi dell'agenda politica. Conte - per dirla in gergo giornalistico - non ha «dato un titolo», dribblando tutte le questioni come neanche CR7 avrebbe saputo fare. Una raffica di «valuteremo tutti gli aspetti», «faremo una sintesi», «non ho assunto una posizione specifica», «analizzeremo i dossier» e così via. Su tutto: dalla manovra alla Tav, passando per Alitalia, la Tap, il codice sugli appalti, la Rai, le sanzioni all'Iran e chi più ne ha più ne metta.
Volendola prendere a ridere e con un pizzico di irriverenza, si potrebbe dire che Conte si è esibito in una gigantesca supercazzola. Scegliendo invece un approccio più composto, è inevitabile supporre che la misura del premier e del suo governo sia esattamente proporzionale all'inconsistenza mostrata ieri in quell'ora e passa di domande. Più che felpato e prudente, infatti, Conte è apparso spaesato, a tratti quasi imbarazzato. Un'anguilla. Comprensibilmente, visto che si ritrova ad essere presidente del Consiglio di un governo uno e trino. A ben guardare, infatti, sembrano essere tre gli esecutivi presieduti da Conte.
Il primo, quello più autorevole, è il governo rigorista guidato dal ministro dell'Economia Giovanni Tria e dal titolare degli Esteri Enzo Moavero Milanesi. Tria è costretto di tanto in tanto a strizzare l'occhio a M5s e Lega buttando lì che flat tax e reddito di cittadinanza si faranno presto, ma senza lui e il suo collega alla Farnesina è altamente probabile che l'Europa ci avrebbe già messo nel mirino. In questo senso un ruolo chiave lo sta, ovviamente, avendo il tanto vituperato Sergio Mattarella - lo stesso per cui Luigi Di Maio aveva chiesto un onirico impeachment - che, soprattutto con Tria, pare avere un canale privilegiato.
Ci sono poi altri due governi presieduti da Conte, che tengono dentro tutto e il suo esatto contrario. Per usare una espressione cara al leghismo ai tempi di Umberto Bossi, si potrebbe sintetizzare con l'espressione «maggioranza di lotta» e «maggioranza di governo».
Che, fino ad oggi, sono riuscite a non finire in conflitto tra loro in nome di quella che ormai sta diventando una sorta di figura mitologica: il «contratto del cambiamento». Basta evocarlo e ogni divergenza perde d'intensità fino a sfumare e confondersi.
Così poco importa che su Tav, Tap e Ilva M5s e Lega abbiano posizioni diametralmente opposte. Per non parlare dell'immigrazione, dove la linea dettata da Matteo Salvini trova sì una certa accondiscendenza in alcuni esponenti grillini (vedi il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli), ma sbatte contro un pezzo importante del Movimento (intervistato da Repubblica, il presidente della Camera Roberto Fico non ha usato vie di mezzo). Per non parlare dell'ala rigorista, visto che proprio ieri il ministro degli Esteri Moavero ha voluto dire la sua sulla questione: «Siamo stati emigranti anche noi, ricordiamolo quando altri arrivano in Europa». Apriti cielo. I big della Lega sono andati su tutte le furie e via con una selva di dichiarazioni a batteria contro il titolare della Farnesina.
Così pure sul welfare e sui vaccini le sensibilità che convivono nel governo trino di Conte sono molto diverse.
Per non parlare delle questioni etiche, temi destinati ad esplodere a breve viste le tante proposte di legge presentate in queste settimane da esponenti della Lega: dal crocifisso obbligatorio in tutti i luoghi pubblici alla legge quadro sulla famiglia che non riconosce né quelle di fatto né quelle arcobaleno. Tutti temi su cui il M5s ha sensibilità lontane, lontanissime da quelle del ministro per la Famiglia Lorenzo Fontana.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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