Contratto con scadenza

Salvini dà trenta giorni di ultimatum al M5s di Di Maio: "Se mollano su tutto ok, altrimenti si va al voto"

Contratto con scadenza

Un mese. Massimo un mese e mezzo. Tanto si è preso Matteo Salvini per capire se e come l'autoproclamato «governo del cambiamento» è in grado di reggere al terremoto delle elezioni Europee e continuare per la sua strada. D'altra parte, sono questi i tempi dettati dalla Costituzione. Nel caso si arrivasse ad una crisi irreversibile, infatti, il capo dello Stato deve prima sciogliere le Camere e poi indire le elezioni in un arco di tempo compreso tra i 45 e i 70 giorni. Lo prescrive il combinato disposto dell'articolo 61 della Carta e del Testo unico del 5 febbraio 1948, quindi non sono possibili eccezioni. Il che significa che anche se il governo andasse allo show down oggi, Sergio Mattarella avrebbe il problema di temporeggiare per evitare che il voto anticipato cada nella seconda metà di luglio o, ancora peggio, ad agosto. Sarebbe impensabile.

Ecco perché - nonostante il voto di domenica abbia inesorabilmente sancito un ribaltamento degli equilibri tra Lega e M5s - in realtà le prossime quattro settimane saranno una sorta di «mese bianco». Far saltare il banco oggi, domani o nei prossimi giorni non avrebbe alcun senso. Né per Salvini che finirebbe nel congelatore fino a luglio, né tantomeno per il Colle che si troverebbe a gestire una crisi con l'obbligo di dover tergiversare, magari con lunghe e improbabili consultazioni. Del M5s inutile dire. Al momento, infatti, la linea della Casaleggio & associati è quella di tenere botta e fare il possibile per salvare la legislatura. Perché adesso l'unico vero obiettivo dei Cinque stelle e chiudere la finestra elettorale ed evitare un voto che a fine settembre o a inizio ottobre difficilmente non ricalcherebbe la débâcle di domenica. Se mai ce ne fosse stato bisogno, la conferma è arrivata ieri sera dalla pseudoconsultazione sulla piattaforma Rousseau. Gli iscritti certificati da Casaleggio hanno votato il quesito scritto da Casaleggio sui server di proprietà di Casaleggio. E, guarda un po', è finita che poco dopo le otto di sera lo stesso sito gestito da Casaleggio ha fatto sapere che Luigi Di Maio resta il capo politico del M5s con l'80% dei consensi. Un plebiscito sentito, spontaneo e democratico.

Insomma, il mese che verrà sarà di scaramucce e provocazioni. Per testare davvero qual è la capacità di tenuta dei duellanti. Che, ovviamente, sono Salvini e Di Maio. Il secondo all'angolo, pronto ad incassare la qualunque. Non solo perché un ritorno alle urne sarebbe disastroso per il Movimento, ma anche perché sa bene che se quella fosse la strada la sua carriera politica - confermato nel M5s il vincolo dei due mandati - sarebbe praticamente conclusa. Certo, Casaleggio magari gli garantirebbe uno stipendio come capo politico del Movimento, giusto per tenerlo buono. Ma niente a che vedere con i fasti da vicepremier o da ministro dello Sviluppo e del Welfare. È il leader della Lega, invece, ad avere in mano il suo destino. Tentato dal voto anticipato per andare all'incasso ma frenato dall'eventualità di dover correre di nuovo insieme a Silvio Berlusconi, il ministro dell'Interno prende tempo. Quella con il Cav, è evidente, è un'incomprensione personale. Marcata al punto - raccontava ieri Giancarlo Giorgetti in privato - che «Matteo continua a esitare sul mollare i Cinque stelle». Esita ma ci ragiona. Ecco perché dopo aver sminato il caso Rixi (sacrificato perché il tema della questione morale è delicato e scivolosissimo) ha deciso di provocare il M5s sui dossier per loro più insidiosi: dalla flat tax al codice per gli appalti, dalla Tav ai condoni, passando per la stoccata ai ministri grillini Danilo Toninelli, Elisabetta Trenta e Sergio Costa. Su tutti questi fronti Salvini dice di essere pronto alla guerra. La verità, forse, è che il decisionista leader della Lega ancora non ha le idee chiare su cosa fare domani.

E questo nonostante le insistenze reiterate di molti dei suoi colonnelli. D'altra parte, c'è ancora un mese. C'è tempo fino a luglio. Poi, la finestra per votare a settembre o a ottobre si chiuderà inesorabilmente. E resterà «solo» da fare la legge di Bilancio.

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