Il decreto Dignità? Di Maio l'ha copiato dal saggio comunista scritto da Rodotà

Di Maio ha copiato il saggio "La rivoluzione della dignità" di Rodotà. Il testo? Un mix di dirigismo e assistenzialismo

Il decreto Dignità? Di Maio l'ha copiato dal saggio comunista scritto da Rodotà

Una volta al potere, il Movimento 5 stelle, che si chiamava fuori dalle vecchie categorie della politica, ha dovuto prendere una direzione. E quindi avanti tutta a sinistra. In base a quali ideali? Qual è la fonte d'ispirazione? Forse il nome del decreto Dignità, bandiera di Luigi Di Maio, può offrire qualche indicazione utile. Ricapitoliamo le mosse del ministro del Lavoro e dei sodali di partito, pardon Movimento. Il decreto Dignità ha mandato in bestia artigiani e imprenditori: rischia di far perdere posti di lavoro. Il taglio delle pensioni si abbatterà su chi incassa dai 4mila euro in su. La lotta contro la casta si è ridotta all'atto demagogico di tagliare i vitalizi a pochi ex parlamentari. La proposta di chiudere i negozi alla domenica ha già scatenato la reazione dei commercianti. La prossima battaglia annunciata da Roberto Fico, presidente della Camera, è sui cosiddetti beni comuni, come l'acqua, che devono restare pubblici anche se allo Stato non conviene. Il tutto in attesa del reddito di cittadinanza, provvedimento all'insegna del puro assistenzialismo. La Lega, per ora, si «accontenta» di incassare il consenso ottenuto con la lotta all'immigrazione selvaggia e per il resto lascia mano libera all'alleato. Ma presto finirà l'estate, gli sbarchi diminuiranno e Matteo Salvini rischia di restare col cerino in mano, visto che in campo economico la Lega ha dato l'impressione di non toccare palla.

La rivoluzione della dignità (La scuola di Pitagora, pagg. 38, euro 4,5) è titolo di un breve ma intenso saggio del giurista Stefano Rodotà. Uscito nel 2013 è la trascrizione di un discorso pronunciato tre anni prima. Rodotà (1933-2017) era stato designato dai 5 stelle alla carica di presidente della Repubblica ed è tuttora considerato un maestro dalle alte sfere del Movimento. Anche per questo, il suo pensiero merita attenzione. Nella prima parte del saggio, Rodotà ripercorre il cammino della parola «dignità» nelle carte costituzionali. Si va dalla Rivoluzione francese e si approda alla Carta dei diritti fondamentali emanata dall'Unione europea, passando per la Dichiarazione dei diritti dell'uomo, il Codice di Napoleone, la Costituzione italiana, quella tedesca, il preambolo della Dichiarazione dell'Onu. Secondo Rodotà, la dignità, unione di libertà e uguaglianza, deve essere il faro che illumina il cammino della politica nel terzo millennio. La piena realizzazione della dignità è ostacolata «da una logica di mercato che, in nome della produttività e degli imperativi della globalizzazione, prosciuga i diritti». Il lavoro è il campo principale in cui operare in nome della dignità. Lo Stato deve vigilare «sulla compatibilità dell'attività d'impresa con la dignità» e creare «un contesto all'interno del quale le decisioni possano essere effettivamente libere». È dovere pubblico rimuovere tutti «gli ostacoli di fatto». L'imprenditore «non può svolgere la sua attività in contrasto con la dignità». In generale, il datore di lavoro deve corrispondere «la retribuzione necessaria per un'esistenza libera e dignitosa». Si possono individuare casi limite (tipo i rider citati da Di Maio) e partire da quelli. Anche l'attribuzione dei diritti avviene in nome della dignità intesa come «fondamento concreto della nuova accezione di cittadinanza» che appartiene «alla persona quale che sia la sua condizione e il luogo dove si trova». Le istituzioni hanno il dovere di mettere in atto «innovazioni legislative» anche in campo sociale, ad esempio riconoscendo pari diritti «alle unioni di fatto, anche tra persone dello stesso sesso».

Non sappiamo se il pamphlet sia alla base delle mosse pentastellate. Di certo, le idee sono assai simili.

Statalismo, dirigismo, clima ostile all'impresa, rifiuto totale delle logiche di mercato, moltiplicazione dei diritti gentilmente concessi dalle istituzioni. Unite al cocktail le teorie sulla decrescita felice e il giustizialismo. Shakerate. Ed ecco servito il comunismo a 5 stelle in nome della dignità, cioè dell'ordine morale deciso per legge da Luigi Di Maio.

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