La disoccupazione è anche colpa dei Gianni Morandi

Fa la spesa di domenica e scatena l'ira dei social: "Vergognati". E lui, invece che mandarli a quel paese, si è scusato

La disoccupazione è anche colpa dei Gianni Morandi

Sono un fan di Gianni Morandi, da bambino addirittura un tifoso nei suoi duelli canori all'ultima nota con Claudio Villa e Massimo Ranieri, quando tutta l'Italia il sabato sera era davanti alla tv in bianco e nero per le sfide di Canzonissima. Mi spiace ma ieri mi è caduto dal piedistallo dopo che ha chiesto scusa per una foto da lui postata su Facebook che lo ritraeva con la borsa della spesa in mano. La dicitura recitava: «Buona domenica, ho accompagnato Anna al supermercato». È successo che i soliti cretini che popolano la Rete lo hanno preso a maleparole: vergognati questo il senso delle invettive stai dalla parte dei padroni che sfruttano i lavoratori pure la domenica. E lui invece di mandarli a quel paese si è messo «in ginocchio da loro» e ha assicurato che non accadrà mai più.

Ancora oggi Gianni Morandi è un idolo per tanta gente, anche per molti giovani. Le sue parole contano, fanno opinione, e avallare il concetto che lavorare di domenica è «sfruttamento» in un momento in cui l'Italia ha il record di disoccupazione (ieri è stato annunciato il crollo delle assunzioni: -34 per cento in sette mesi) è pericoloso e da irresponsabili. Oltre che ipocrita. Perché, caro Morandi, a lavorare di domenica non sono solo le commesse dei centri commerciali. Stessi diritti per tutti, quindi dovremo chiudere gli stadi di calcio a te cari per garantire il riposo ai poliziotti e agli addetti; sospendere i servizi pubblici di taxi, bus, treni e aerei; niente tv, nessun tg, niente giornali il lunedì; e con le cure in ospedale come la mettiamo? E i concerti, le discoteche, i bar e i ristoranti, gli stabilimenti balneari? Hai idea del danno economico? Fermarsi la domenica ci costerebbe conto della serva - tra i 100 e i 150 miliardi.

Dal mio mito Gianni Morandi mi sarei aspettato l'inverso: ragazzi, ma che dite, bisogna lavorare di più senza puzza sotto il naso, ogni posto di lavoro è oro che cola, questo è il tempo dei sacrifici, più diritti solo in cambio di più doveri.

E invece no, anche i grandi artisti si accodano nella difesa del sindacalismo ottocentesco, dei bamboccioni che vogliono l'orario corto e il weekend libero per spassarsela coi soldi di papà sulle spalle di chi invece tira la carretta sette giorni su sette. Brutto esempio. Pensavo che «fatti mandare dalla mamma a prendere il latte» non fosse circoscritto dal lunedì al venerdì. Peccato, speriamo rimedi.

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