E io difendo il valore di potersi dire fascista

E io difendo il valore di potersi dire fascista

Come Mimmo Lucano da magistrati sovversivi, ora difendo l'editore Altaforte e Francesco Polacchi da veri fascisti, mascherati da democratici, nelle istituzioni. La parola e i libri non si censurano mai. Lo ha fatto Hitler con l'«Arte degenerata». E io non avevo mai sentito, prima della ridicola censura, nominare il pericolosissimo editore fascista Altaforte.

Se non recassi danno al Salone del Libro, cui mi lega una lunga storia personale, e all'editore del mio Novecento, che presenterò domenica, dovrei ora assumere la stessa posizione di Carlo Ginzburg, disertando il Salone del Libro. Anche se non capisco perché il modesto storico, firmatario di appelli che non legge, non lo ha fatto quando si presentavano i libri di Céline, Benn, Jünger, Pound. Come Ginzburg difendo la libertà, ma per me la libertà è libera e non è la libertà solo di una parte.

Per questo difendo il diritto di Francesco Polacchi e di Altaforte editore di essere al Salone del Libro. Difendo il diritto di pubblicare i libri, tutti i libri, qualsiasi libro. Difendo il diritto di chi - in uno Stato di diritto - acquista uno spazio e stipula un contratto: un contratto non può essere unilateralmente interrotto; difendo il diritto di dire «io sono fascista»: solo se una tale dichiarazione impedisse ad altri di esprimere la propria convinzione lotterei, fino alla morte, per combatterla. Ma ogni parola ha diritto di essere pronunciata.

Difendo la divisione dei poteri: la politica (il presidente della Regione Piemonte e il sindaco di Torino, modesti neofascisti che praticano la censura ai libri! La più schifosa!) non può sostituirsi alla magistratura e, supponendo un «reato», rendere esecutiva una «pena» non uscita da alcun dibattimento. E perché, in Parlamento o in Comune, può entrare un esponente di CasaPound o di Forza Nuova, come è accaduto al Parlamento europeo, e al Salone del Libro di Torino, no? Perché Antonio Padellaro può scrivere dei rapporti fra Almirante e Berlinguer, legittimando il primo, e Ginzburg non li censura? E Antonio Scurati può tranquillamente pubblicare il libro M. su Mussolini? E il museo Rizzarda di Feltre può pubblicare in copertina di un catalogo la testa del Duce di Adolfo Wildt?

Chiedo ai censori politici che «violentemente» (perché o si agisce nell'ambito del diritto, e si accerta un reato, oppure si agisce con violenza: tertium non datur) hanno impedito la presenza al Salone di un editore: dove erano gli anni scorsi? Hanno studiato tutto il catalogo dell'editore? Impediranno all'editore - come ci si aspetterebbe, a rigor di logica - di pubblicare ancora libri? Ma soprattutto: può essere impedito il diritto di parola a un editore che pubblica il garante del rispetto della Costituzione, il ministro dell'Interno, che, oggi, si chiama Matteo Salvini?

Insomma, io andrò al Salone, ma difendo la libertà di parola di tutti: io sono più Carlo Ginzburg di Carlo Ginzburg, sono Carlo Ginzburg senza ideologie e senza censure (che lo rendono simile a Pavolini); la mia libertà mi permette di difendere la libertà di Lucano sindaco di Riace e la libertà di Altaforte e di pubblicare tutti i libri.

Occorre superare l'ombra, e vincere la paura della parola. La censura ha fatto esistere (vedi come corre su Amazon) Altaforte. Che ringrazia.

Vittorio Sgarbi

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