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Ecco chi sono i pretoriani di Supermario

Quando non puoi prenderti tutto, allora puntelli le casematte. È quello che ha fatto Mario Draghi. Non poteva non tenere conto dei partiti.

Ecco chi sono i pretoriani di Supermario

Quando non puoi prenderti tutto, allora puntelli le casematte. È quello che ha fatto Mario Draghi. Non poteva non tenere conto dei partiti. Non poteva lasciarli fuori e umiliarli. È per questo che Di Maio si ritrova alla Farnesina e Speranza battezza ancora la Salute. Qualcuno magari sarà deluso e sta già parlando di Conte ter. Non è così. Draghi non punta alla perfezione e neppure all'impossibile, non si arrocca su questioni di principio, ma sceglie il buon senso: cerca il punto di equilibrio ottimale. Fa i conti con le condizioni esterne che definiscono la sua avventura.

La sua strategia però è interessante. Non tutte le caselle hanno lo stesso peso. Draghi ha cerchiato quelle che per lui sono fondamentali. È il pacchetto di mischia. È lì che si gioca la partita. È il cuore della sfida: Daniele Franco (Economia), Roberto Cingolani (Transizione ecologica), Vittorio Colao (Transizione digitale), Enrico Giovannini (Infrastrutture), Marta Cartabia (Giustizia), Maria Cristina Messa (Università e ricerca). Queste sono appunto le casematte. Il perno è Roberto Garofoli, sottosegretario alla presidenza del Consiglio.

Ci sono poi territori di confine. Sono roccaforti importanti che non stanno però nel pacchetto di mischia. Non ora, almeno. Lascia la Scuola a un tecnico d'area come Patrizio Bianchi, lo Sviluppo economico a Giancarlo Giorgetti, la Pa a Renato Brunetta e il Lavoro ad Andrea Orlando. Questi non sono «draghiani» o «mattarelliani» ma probabilmente li ritiene affidabili.

Il destino del governo dipende dalla forza delle casematte. È da lì che dovrà arrivare la spinta per cambiare passo. Sono i ministeri da cui dovranno partire le riforme, dove passano gli investimenti, dove si immagina il futuro. È lì che si vince o si fallisce. Non bisognerà neppure aspettare troppo tempo per capirlo, perché questo governo dovrà subito far capire che la sua strategia non è quella di Conte. Saranno importanti i primi segnali. Non si può galleggiare. Non si può rincorrere il tempo. Non ci si può nascondere e non si potrà sopravvivere di sole parole.

Non è facile e le aspettative sono alte. Cingolani giocherà in un ruolo molto delicato. Il suo ministero è quello che Grillo ha chiesto come condizione. Cingolani non è un grillino. È la scelta più atlantica e incarna il «canone occidentale», non solo perché è il responsabile dell'innovazione tecnologica di Leonardo, un tempo nota come Finmeccanica. Cingolani vive da sempre con lo sguardo verso il futuro. Lo scruta, lo pensa, qualche volta lo costruisce. È il padre di iCub, l'androide bambino sviluppato dall'Istituto italiano di tecnologia di Genova. È soprattutto un uomo di grandi progetti, uno con lo spirito di Giasone, l'eroe che guidava gli argonauti. La fortuna di Draghi passerà molto da lui. Non solo, certo, ma è uno snodo importante. Quel ministero dal nome piuttosto brutto, Transizione ecologica, che ricorda le telecronache del calcio moderno, è uno specchio della verità.

Ti dice se c'è qualcosa di nuovo o se è solo il vecchio che ha cambiato nome.

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