P oletti, Poletti, Poletti. Non giocava nel Torino? Ma sì, è quello che prese il posto di Rosato in Italia-Germania 4-3. Stopper. Roccioso. Fabrizio Poletti, 344 presenze e 24 reti in Serie A. Torino, Cagliari e Sampdoria. No, non è lui. Questo si chiama Giuliano Poletti, appassionato di pallamano, una carriera nella Coop, ora fa il ministro e al massimo ha giocato a calcetto. Non ha mai marcato Gerd Müller, forse un paio di sgambetti a Cofferati. In politica è l'uomo dei lisci e delle entrate scomposte. Su una cosa però ha ragione.
Il curriculum è una fototessera, racconta quello che vuoi che si veda di te e spesso finisce nel cestino. Il calcetto svela, ti mette a nudo, fa vedere come sei. Se vuoi conoscere davvero un tuo collega devi vederlo in campo. Lì è più difficile mentire. C'è quello che si sente un fantasista incompreso. Mica Messi o Maradona, ma almeno uno Stroppa, un Maiellaro, un Cerci di seconda mano. E non ti passa la palla mica per egoismo, ma perché non c'è nessuno che possa fare meglio di lui. C'è quello che recrimina, frustrato dalle giustizie, sempre in cattiva fede, incarognito contro un arbitro invisibile e tentato da un'avventura a cinque stelle.
C'è quello che organizza, dirige, che muove perennemente le braccia a indicare tu qui, tu là, e sbuffa per ogni sbavatura, con l'ansia e la visione da capo ufficio. C'è il cavallo pazzo che abbassa la testa e corre in avanti, che va a sigarette e finisce spompato. C'è quello che non torna e quello che arriva defilato tutte le sante volte in ritardo. C'è il seguace eterno del paròn Rocco: «A tuto quel che se movi, daghe. Se xe 'l balon, no importa». C'è quello che alza il gomito perfino sui passaggi rasoterra, perché nella vita chi picchia per primo picchia due volte. C'è quello con il mal di schiena, quello con la moglie lo aspetta a casa con la maglia della salute, quello che si vergogna di farsi la doccia e quello che si porta dietro l'amante ventiquattrenne. C'è quello che ha smesso di giocare a calcetto perché ha capito che se davvero vuoi fare carriera allora non c'è nulla come il golf. Ci sono infine quelli come Poletti, Giuliano, non quello dell'Azteca, che sul quattro a zero a favore battono il rigore con il cucchiaio. Il portiere manco si muove e para. Poi lo guarda con una smorfia di disprezzo e alza la mano lentamente, fino a puntarla a piatto, dritto al cuore, contro lo spudorato rigorista, come a dire: «Ma sta bestia». Nessuno sa se la regola del calcetto sia vera, se aiuta a trovare lavoro e poltrone. Ma se davvero funziona allora una cosa è certa: Montezemolo a calcetto era capocannoniere.
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