FERMATO LO SPINELLO LIBERO

Naufraga la legge sulla cannabis, resta solo l'uso terapeutico

La questione non tocca il tema della proibizione, ma quello della responsabilità. Proibire significa esercitare un divieto che si basa su un principio di responsabilità da intendersi come limite. Dunque, non una responsabilità come ammissione di una colpa - ho fatto un incidente e ne sono responsabile - ma come limite di una possibilità d'azione. Oltre una determinata soglia non è lecito andare. Chi ha l'autorità di esercitare questa funzione, chi si deve assumere il compito di tracciare quel limite? Innanzitutto le istituzioni educative: famiglia e scuola. Il principio di responsabilità che deve esercitare il genitore è, per esempio, il limite di tempo per il ritorno a casa del figlio. Non lo fa in nome di una presunta libertà da concedere? È un pessimo genitore, cioè un irresponsabile. Stesso ragionamento per gli insegnanti di scuola: gli esempi, in cui essi devono esercitare la responsabilità come limite, sono innumerevoli e facili da immaginare.

Arriviamo al legislatore, e il discorso non si discosta di una virgola da quelli fatti per famiglia e scuola. Il parlamentare che rifiuta di votare la liberalizzazione della cannabis decide, sulla base di conoscenze scientifiche apprese, di valutazioni personali e di esperienze note, di mettere un limite all'autonomia decisionale del singolo. In realtà non proibisce, esercita il proprio principio di responsabilità da intendersi, appunto, come limite.

Ci sono studi che mostrano come dalle cosiddette droghe leggere si passi progressivamente a quelle pesanti: quindi, mettere subito un limite all'assunzione delle prime vuol dire arginare la deriva che può portare alle seconde. Un giovane, da parte sua, ha così di fronte a sé sia l'opportunità di seguire la strada maestra tracciata dalla legge, sia la possibilità di trasgredirla, di non rispettare il limite assumendomene, però, le conseguenze. In questi casi, il contenzioso politico crea generalmente il dibattito tra buoni e cattivi. I buoni sono quelli che permettono, i cattivi quelli che proibiscono. I buoni sono quelli che inneggiano alla libertà della scelta, i cattivi sono gli oscurantisti reazionari.

In realtà i primi sono dei relativisti che rinunciano all'esercizio di un principio di responsabilità perché non riconoscono il valore del «principio»: tutto è relativo. Si tratta di un vero e proprio nichilismo travestito da liberismo. La comunità politica deve esercitare il suo principio di responsabilità: rinunciare ad esso, rimettersi alla decisione del singolo, è una viltà.

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