Ci sono immagini che fanno orrore. Enzo Tortora che lascia in manette la stazione dei carabinieri, vittima simbolo della malagiustizia che ci costa 800 milioni di euro l'anno di risarcimenti. Dieci anni dopo c'è il dc Enzo Carra che entra in tribunale con gli schiavettoni. Condannato a 1 anno e 4 mesi per «false o reticenti informazioni al pm» su una tangente da 5 miliardi, reato poi abolito. «Anche la Gestapo otteneva risultati in questo modo» , dirà Arnaldo Forlani. Allora la gogna di Mani pulite voleva i suoi scalpi, alle tricoteuses fuori dai palazzi di giustizia delle sentenze importava poco.
Oggi che la piazza M5s ribolle dopo la capriola garantista che fermando le ghigliottine ha salvato le poltrone ci voleva un comando per far abbaiare la canea forcaiola e uscire dall'imbarazzo. Il gesto delle manette indirizzato ai genitori dell'ex premier Matteo Renzi. Ci ha pensato Mario Giarrusso, ex discepolo di Leoluca Orlando Cascio nella Rete ma con un ruolo onorevole, quello di custode della Fondazione Antonino Caponnetto, mentore degli eroi antimafia Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. A loro quel gesto avrebbe fatto ribrezzo. Non si può onorare la loro memoria se si obbedisce alla religione della cultura del sospetto. È «l'anticamera del khomeinismo - diceva Falcone - non si può dire io intanto contesto il reato, poi si vede perché da queste contestazioni derivano conseguenze incalcolabili».
Ma l'oltraggio peggiore Giarrusso l'ha fatto alla toga di avvocato, calpestando per un pugno di voti la
presunzione d'innocenza, testata d'angolo su cui si costruisce la giurisprudenza italiana, maltrattata nelle aule di tribunale da teoremi spregiudicati che spesso finiscono in cenere. Una deriva, questa sì, inarrestabile.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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