Cronache

La Gran Bretagna lancia l'allarme: "L'Isis cerca il nucleare sporco"

Lo spettro della bomba nucleare sporca che l’Isis e non solo l’Isis potrebbe tirar fuori dall’inesauribile cilindro del terrore torna ad affacciarsi tra le paure del dopo-Parigi

La Gran Bretagna lancia l'allarme: "L'Isis cerca il nucleare sporco"

Lo spettro della bomba nucleare sporca che l’Isis e non solo l’Isis potrebbe tirar fuori dall’inesauribile cilindro del terrore torna ad affacciarsi tra le paure del dopo-Parigi. Ad agitarlo questa volta è il premier britannico David Cameron, impegnato a far pressing sulla Camera dei Comuni per provare a ottenere, di qui a pochi giorni, il via libera all’estensione alla Siria dei raid della Raf. L’allarme non fa riferimento in realtà - almeno sulla carta - a precise informazioni d’intelligence. E si proietta in un futuro ipotetico. Ma l’incubo è destinato comunque fare impressione. Cameron si basa su un capoverso contenuto nel documento annuale sulla sicurezza nazionale del Regno, illustrato da lui stesso ieri in parlamento per annunciare stanziamenti aggiuntivi da 12 miliardi di sterline nell’ambito della creazione di due brigate d’intervento rapido da 5000 uomini ciascuna (da impiegare all’occorrenza anche "contro il terrorismo") e un totale di ben 178 miliardi di spese previste per equipaggiamenti militari nel prossimo decennio, F-35 e nuovi sottomarini nucleari Trident inclusi. La frasetta in questione, sfuggita ai più nell’immediato, è stata ripresa oggi dal filo-conservatore Daily Telegraph con un titolo a sensazione: "L’Isis sta cercando di procurarsi armi nucleari". Il
documento dice in effetti qualcosa di meno e qualcosa di più: "L’Isis e Al Qaida - vi si legge con il verbo al futuro - cercheranno d’acquisire capacità chimiche, biologiche e radiologiche".

Ma Cameron coglie comunque la palla al balzo per spingere i deputati più riluttanti: "La decisione - insiste - non deve richiedere troppo tempo. Ogni giorno che passa è un giorno che perdiamo nel prendere in pugno la minaccia dell’Isis". A favore della strategia del premier Tory gioca il contraccolpo degli attacchi terroristici di Parigi. Contro i timori di un pericoloso affollamento di bombardieri nei cieli siriani, alimentati giusto oggi dallo scontro turco-russo. Secondo i media britannici, il governo sta del resto guadagnando consensi sull’obiettivo di allargare lo spettro d’azione dei raid dal solo Iraq alla Siria, rimasta off limits per la Raf a causa di un voto negativo del parlamento risalente al 2013, quando Cameron puntava ancora ufficialmente a colpire le forze di Bashar al-Assad. E sembra guadagnarli sia tra i conservatori finora ostili all’interventismo fuori confine, sia tra i non pochi deputati laburisti (ed esponenti dello stesso governo ombra) perplessi di fronte alla coriacea linea pacifista del loro leader Jeremy Corbyn. Quest’ultimo tuttavia tiene duro, facendo leva sui precedenti dell’invasione dell’Iraq, dell’intervento in Afghanistan, dell’interferenza nella guerra civile in Libia e sulle loro conseguenze disastrose.

Isolato fra i notabili di partito e sulla stampa, ma sostenuto almeno dal consenso della base: cresciuta addirittura al 66%, stando al Times, dal 59% che gli valse l’elezione a settembre.

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