I furbetti della bolletta fanno sparire 10 miliardi

I furbetti della bolletta fanno sparire 10 miliardi

Eio pago», diceva l’avaro Totò nell’indimenticabile «47 Morto che parla». «E io non pago», dicono migliaia di italiani ogni giorno. L’affermazione vale in tutti i sensi: si spende sempre meno per godersi la vita, come dimostra il ristagno dei consumi, ma si fa fatica anche a ripagare i debiti. Così il 2018 è stato l’anno record per i «buffi» (il termine, comune nel romanesco, è in realtà originario dell’Italia Settentrionale) non onorati. A fine dicembre i mancati pagamenti hanno raggiunto gli 82 miliardi; e nella voce c’è un po’ di tutto: rate di mutui, di prestiti al consumo, o più semplicemente bollette. Tutte finite nel cestino o, nella migliore delle ipotesi, nel cassetto. Per un motivo o per l’altro. La montagna di carte e di solleciti nell’anno appena trascorso ha superato di gran lunga (+15%) i livelli del 2017 quando i debiti non saldati erano solo, si fa per dire, 71 miliardi. La colpa, certo, è della crisi economica che non finisce mai: si saltano le rate perchè i soldi non ci sono. Ma non solo, se è vero che più o meno 10 miliardi non riscossi vengono attribuiti a una categoria sempre più numerosa di pataccari, che fino ad ora mancava alla lista, sempre foltissima in Italia, dei furbetti a spese altrui. La nuova tribù, cresciuta negli ultimi anni fino a diventare un fenomeno, è quella dei cosiddetti «turisti della bolletta»: giocolieri di luce, gas o telefonini che sfruttando con destrezza la liberalizzazione del settore, riescono a stare in equilibrio, passando da un gestore all’altro e risolvendo creativamente il problema dei pagamenti. CLIENTI E FATTURATI A dare un po’ di numeri sul rapporto tra gli italiani e i loro debiti è, come ogni anno, il rapporto di Unirec, l’associazione (fa parte di Confindustria) che riunisce le imprese che si occupano di recupero crediti. Se si parla di finanziamenti, alle aziende di Unirec spetta fornire l’ambulanza, intervenire nei casi in cui c’è qualche cosa che non va. Un’immagine che, comprensibilmente, non soddisfa del tutto gli operatori del settore: «In realtà tendiamo a occuparci di quello che c’è prima della patologia», spiega il presidente Francesco Vovk. «Potrà sembrare singolare ma noi vediamo il debitore come un cliente: il primo obiettivo è trovare con lui un percorso condiviso di rientro dall’inadempimento». Sia come sia, in un’Italia che non paga, le imprese che si occupano di assistere i creditori nel recupero dei propri soldi non conoscono la parola crisi: il fatturato del settore era di 900 milioni un paio d’anni fa, ha superato di slancio il miliardo (1,068, per la precisione) nell’ultimo periodo di cui si hanno i dati, il 2017. Gli 82 miliardi citati all’inizio, i debiti non saldati, sono quelli affidati dai creditori alle aziende di Unirec. Secondo le statistiche il 35% (corrispondente più o meno a un valore assoluto di 28 miliardi abbondanti) sono prestiti concessi da finanziarie, molto spesso come forma di finanziamento per il consumo. Vengono poi i prestiti bancari veri e propri, per un ammontare di circa 23 miliardi. La terza categoria è quella delle bollette, che pesa per il 24% del totale, con un valore pari a 19,6 miliardi. Non tutti i mancati pagatori di luce, gas e telefono sono da inserire nella categoria dei furbetti. Anche in questo campo c’è chi resta indietro perché non riesce a tirare la fine del mese. Ma un calcolo sulle prodezze dei «turisti della bolletta» e sui loro 10 miliardi di debiti non pagati, è possibile sulla base di un altro dato. «Il 45% delle somme non onorate si riferisce a utenze ancora attive», spiega Vovk. «Il caso tipico è quello della famiglia che salta qualche pagamento, ma poi si rimette in linea appena può». Più della metà delle bollette non riscosse si riferisce invece a contratti cessati. E questi ultimi sono («tolta una piccola percentuale di utenti a cui effettivamente e per bisogno vengono staccati luce o gas»), quasi tutti giocolieri delle utenze che lasciano dietro di sé un debito medio di 722 euro. IL TRUCCO C’È E SI VEDE Il meccanismo, che vale per ogni tipo di utility, dal gas ai telefonini, è sempre identico: si sottoscrive un contratto e si inizia a utilizzare il servizio. Poi di fronte alle richieste e ai solleciti di pagamento si fa prova di sovrana indifferenza. Un attimo prima dell’irreparabile (il taglio dei fili o della linea), si cambia gestore. E il gioco può ricominciare. In campo telefonico i «morosi volontari», come si chiamano in linguaggio tecnico, possono spesso godere di una vantaggio in più: molte offerte comprendono l’assegnazione di uno smartphone di nuova generazione, che rimane a disposizione dell’utilizzatore anche se non paga. Il trucco usato dai malintenzionati è comunque del tutto scoperto e le aziende dei diversi settori interessati ne sono da sempre consapevoli. Ma tra l’individuazione di un problema e la sua soluzione possono frapporsi talvolta complicati problemi tecnici. L’Asstel, l’associazione degli operatori telefonici, lavorava almeno dal 2015 a una linea di difesa contro i furbetti delle bolletta, una banca dati in cui inserire i loro nomi. Il traguardo è stato raggiunto solo quest’anno, e la banca dati dei «reprobi» (si chiama Simoitel) a cui tutti i gestori possono accedere, è operativa dal mese di marzo. Le preoccupazioni erano legate soprattutto alla privacy, il timore era che una società potesse inserire un utente nel registro dei cattivi (rendendogli difficile sottoscrivere nuovi contratti) per motivi gratuitamente punitivi. Per questo si viene iscritti in Simoitel solo se si verificano condizioni severe: non ci devono essere contestazioni tra l’interessato e il gestore non pagato, il debito deve superare i 150 euro, ci devono essere bollette non onorate nei primi sei mesi di contratto e non ci possono essere altri rapporti contrattuali tra le due parti. D’ora in poi comunque il gestore a cui si chiede l’allacciamento avrà modo di controllare se il cliente potenziale fa parte di un blacklist di cattivi pagatori. In questo caso potrà rifiutare motivandola, la sottoscrizione del contratto. RICHIESTA DI INDENNIZZO Per il settore luce e gas valgono più o meno e le stesse regole. Qui però il sistema di protezione è entrato in funzione già da qualche tempo e secondo una ricerca di facile.it nel 2018 sono stati 120mila gli italiani che si sono visti rifiutare la sottoscrizione di un contratto di fornitura, un numero che corrisponde al 2,8 delle richieste di allacciamento. La motivazione: il non aver pagato le bollette precedenti o anche l’aver presentato nei 12 mesi precedenti un numero elevato di richieste di cambio fornitore. Un dato, quest’ultimo, che viene considerato come indizio di un potenziale comportamento opportunistico. Il gestore ha la facoltà di concludere comunque il contratto. Ma il fornitore non pagato ha comunque una possibilità di rivalersi sul cliente moroso anche se questi è riuscito a cambiare gestore: attraverso il cosiddetto SII (Sistema informativo integrato, un cervellone con tutti i dati del sistema gestito dall’Acquirente Unico elettrico) può chiedere un indennizzo per quanto dovuto. Nel caso la richiesta venga ritenuta legittima dal SII il risarcimento sarà inserito dal nuovo fornitore nella nuova bolletta del cliente moroso. Nonostante la maggiore attenzione delle aziende del settore e la riduzione dei mutui casa non onorati (vedi anche l’altro articolo in pagina) per le aziende incaricate di recuperare i crediti le prospettive di mercato rimangono buone. REDDITO E OBBLIGHI «La materia prima su cui lavoriamo sono i debiti non pagati, destinati a crescere ancora», dice Vovk. Altra questione, invece, è quella di quanto i creditori riescono a portare a casa dopo l’intervento di società specializzate. Il cosiddetto tasso di recupero per il 2018 (7,8 miliardi) è appena superiore rispetto all’anno precedente e decisamente inferiore al periodo 2014-2016. Colpa di mutui sottoscritti per la casa, “saltati” nel periodo peggiore della crisi e che col passare del tempo diventano sempre più difficili da riscuotere. Ma anche del fatto che, dicono gli esperti, il tasso di recupero dipende dal reddito disponibile.

Intuitivamente, le famiglie a cui arrivano più soldi possono destinarne una parte maggiore per sanare vecchie pendenze. Ma da questo punto di vista gli ultimi dati sull’economia non lasciano eccessive speranze. Per molti la montagna di debiti è destinata a rimanere tale.

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