Come Thelma&Louise, tranne che per il tuffo finale e per quelle sgradite eruzioni di consapevolezza che affliggevano le protagoniste del film di Ridley Scott. Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista come Susan Sarandon e Geena Davis, lanciati in auto in una fuga verso il nulla e forse verso il tutto. Le due incontenibili furie cinematografiche si immolavano spingendo il piede sull'acceleratore per la causa femminile, per combattere contro «l'uomo» (sessista); il vicepremier e l'ex deputato non hanno come meta un salto nel vuoto ma Strasburgo con una missione altrettanto nobile e improbabile: «Cambieremo i trattati o crollerà l'Europa». Hanno look decisamente meno aggressivi ma la stessa incoercibile determinazione. Di Maio con l'unico sorriso che possiede, carico di un'acuta soddisfazione, e con lo stesso abbigliamento di sempre: adatto tanto per il battesimo del figlio del sindaco del paesino assolato, dove la panna della torta si squaglia sotto il sole e i palloncini si sgonfiano per il troppo caldo, quanto per la riunione ufficiale nei climi freddi. E Di Battista... Di Battista, con quella perenne espressione da teatro yiddish, e quel perenne abbigliamento da missione con Greenpeace per salvare le balene. Hanno scelto un viaggio in macchina anche loro. Con tanto di webcam interna e diretta su Facebook però, come Platinette in Milano-Roma. Spiegano le loro intenzioni politiche, pagano il casello, rischiano di sbagliare autostrada... Tracciano scenari globali e Di Maio snuda i denti a favore di telecamerina. Ma non è a Thelma e Louise che li paragona la Rete, ma a Jim Carrey e Jeff Daniels nel più prosaico Scemo&più scemo. Capita di sentirsi perfetti per un copione, e di rimanere intrappolati in un altro. E il loro è di una pellicola che ha per morale grandi ideali che si sentono protagonisti. Con le stesse urgenze, la stessa grinta, lo stesso slancio verso l'ignoto. Anche se certo, la loro è una versione più prudente della trasferta senza ritorno delle due amiche fuggiasche, senza incontri con Brad Pitt, senza che un comprensivo Harvey Keitel che li insegua, e soprattutto fermi nella decisione che le bizzarrie non sono la via maestra per la libertà. Atteggiamento sposato solo dopo essere saliti al governo, ma ora è così. Sigillati nell'abitacolo dell'auto con il tepore delle grandi idee politiche che annebbiano i vetri e «snebbiano» il futuro degli italiani e dell'Europa tutta.
Fuori, nessun limite; dentro, niente spazio: sono queste le basi per un viaggio visionario. Ed è esattamente quello che stanno facendo questi enfant senza prodige. Anche se l'avventuroso tragitto di quelle due bellissime disperate era più chiaro nel suo intento: era evidente che quel salto nel vuoto era un inizio. L'unico al quale potessero ambire. L'inizio di due che avevano perfettamente, dolorosamente compreso, sulla propria pelle, che la ricerca della felicità, più che un diritto inalienabile, è un disastro ineluttabile. Del viaggio di Giggino e Diba ci è chiara la parte del potenziale disastro. Thelma e Louise si erano offerte volontarie per la tortura cinese di un'insopportabile consapevolezza, i «nostri due» sono salvi solo grazie alla mancanza di percezione.
Thelma e Louise, in jeans, polvere e canotta per inseguire un ideale; «questi» in giacchetta, telecamera e riscaldamento per inseguire la politica inefficace del dare sfoggio di sé. «Mi ha indignato dover combattere per ottenere il minimo» ha detto Di Battista a proposito dell'Europa. Figuriamoci a noi... essere andati alle urne e aver ottenuto loro.
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