Per integrare gli stranieri insegnano l'arabo agli italiani

È la novità pedagogica introdotta in una scuola elementare di Molinella, nel Bolognese

Per integrare gli stranieri insegnano l'arabo agli italiani

Bambini imparate l'arabo, così potrete integrarvi nella terra d'accoglienza chiamata Italia. È la novità pedagogica introdotta in una scuola elementare di Molinella, nel Bolognese. Ieri il quotidiano il Giorno riportava un passo della circolare in cui si annunciava l'apertura di corsi (non obbligatori e fuori dall'orario normale) di arabo «per garantire una migliore integrazione linguistica e culturale agli alunni residenti nel territorio, avvicinando costumi, linguaggi e tradizioni».

L'istituto ha accolto un suggerimento della comunità siriana, dopo il fallimento di un'iniziativa analoga nei luoghi di preghiera. L'intento è nobile, ma inverte l'ordine delle priorità: non sarebbe preferibile che i bambini di lingua araba imparassero meglio l'italiano? E poi, perché limitarsi all'arabo e non includere il cinese o lo spagnolo? Avanti di questo passo, ogni comunità col suo corso di lingua approvato dalla scuola, si arriva al caos.

La lingua è considerata il principale fattore di integrazione degli stranieri e non solo per risolvere un banale problema di comunicazione. Attraverso la lingua, l'immigrato è spinto a capire la storia e la cultura del Paese che lo ospita. Nessuno può pretendere che si riconosca in esse, però è indispensabile che le conosca (e le rispetti). È giusto che lo scambio sia reciproco, ma qui si suggerisce una sorta di integrazione al contrario.

Questa storia riflette, in piccolo, le incertezze di fronte alle questioni poste dall'immigrazione. In nome dell'integrazione arriveremo all'auto-disintegrazione? Dichiararsi «stranieri a casa propria» è un luogo comune, ma nelle frasi fatte c'è spesso un po' di verità.

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