"Io, professore della Buona Scuola. Pagato per non fare nulla"

La confessione di un docente di una scuola di Torino. Dovrebbe fare potenziamento, ma è rimasto "parcheggiato" in sala insegnanti

"Io, professore della Buona Scuola. Pagato per non fare nulla"

La sua storia ha dell'incredibile. Grazie (o per colpa) della riforma della Buona Scuola, questo professore di Filosofia viene pagato dal ministro Valeria Fedeli per non fare nulla. Ben 18 ore alla settimana e relativo stipendio per starsene seduto sulla sedia.

A raccontarlo è proprio lui, Daniele Costantino, selezionato per insegnare filosofia, psicologia e scienze dell'educazione al liceo classico Alfieri di Torino. In una intervista a Repubblica spiega: "Il mio impegno è quasi zero. Vado a scuola per 18 ore a settimana, timbro il cartellino, passo dai bidelli per vedere se mi hanno assegnato qualche sostituzione. Se non è così, mi siedo in sala professori e aspetto. Questa è la mia vita, da quattro mesi a questa parte".

Con la Buona Scuola e la richiesta di trasferimento, Costantino viene spostato da Biella a Torino. Con la promessa di un posto. E in effetti quello non manca, peccato che di filosofia ne abbia insegnata davvero poca. "L'estate scorsa - racconta ottengo il trasferimento all'Alfieri, sulla classe di concorso A036: Filosofia, psicologia e scienze dell'educazione. Così ad agosto contatto la scuola e i dubbi aumentano: il mio incarico, mi comunica il preside, non è in classe ma sul 'potenziamento'". Ovvero una schiera di docenti in più messi lì da Renzi nel 2015 con l'obiettivo, in teoria, di aiutare i ragazzi nel recupero e potenziamento di alcune materie lacunose.

Alla fine, però, Costatino si ritrova insieme ad altri "parcheggiati in aula insegnanti" a fare alcune sostituzioni e viaggi di istruzione. Senza alcuna gratificazione. "L'anno è iniziato - continua - e, riunione dopo riunione, settimana dopo settimana, mi è apparso chiaro quale fosse il "lavoro gratificante": stare a disposizione 18 ore a settimana, senza un progetto, senza un posto né un compito precisi".

"Mi sento strano - conclude - A 42 anni, dopo 11 anni di servizio, tre abilitazioni e diversi master, sono qui e non sanno cosa farmi fare. È ingiusto verso chi fatica ogni giorno. Questo assistenzialismo è assurdo, tutto mi sembra assurdo, visto il bisogno di educazione che c'è in questo Paese. Ho scritto alla ministra dell'Istruzione, al presidente del Consiglio e al capo dello Stato. Ma mi sta passando anche la voglia di lamentarmi. Ogni mattina, allo specchio, mi chiedo a che servo". Già, perché in fondo il rischio (reale) è che la scuola si domostri quello che è sempre stata: un ammortizzatore sociale.

"Se non mi concederanno un nuovo trasferimento - conclude Costantino - dovrò restare in questo limbo per sempre? Forse mi convincerò che il lavoro è solo lo stipendio. Mi abituerò a pensare alla scuola come un enorme ammortizzatore sociale, che mortifica le nostre competenze in cambio della sicurezza economica. Forse. Ma spero di no. Spero di non abituarmi".

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