L'atroce vendetta di Andreas: «Così il mondo parlerà di me...»

L'ex fidanzata: «Inidoneo al volo a causa di un deficit visivo. Non poteva sopportarlo»

L'atroce vendetta di Andreas: «Così il mondo parlerà di me...»

Nebbia davanti agli occhi di Andreas. Nulla a che fare con le condizioni meteo. In cabina visibilità ottima. Eppure la «nebbia» c'era: tutta nella testa del copilota Lubitz. Che nel giorno della strage era ufficialmente «malato». Ma Andreas quel certificato lo aveva stracciato; a passare per «imperfetto» Lubitz non ci stava.

Lui che si sentiva un highlander. Lui che andava ogni giorno in palestra. Pompava come un pazzo. Flessioni. Pesi. E poi ancora flessioni.

«Tu sì che sei un superman...», gli dicevano gli amici. Un po' per ammirazione, un po' - chissà - per sfotterlo. Ma Andreas non aveva autoirionia. La sua era una vita tutta casa e aeroporto. E, quando non era in cabina di pilotaggio, era sul tapis roulant a correre. Una continua corsa, la sua. Verso il successo. Che, all'alba dei 28 anni, aveva quasi raggiunto. Mancava solo un ultimo scatto. Da copilota a pilota in prima. Si vedeva con la divisa da comandante.

Volava ogni giorno su un Airbus, ma non aveva mai smesso di volare anche con la fantasia. «Vedrai, il mondo si ricorderà di me...», confidava all'ex fidanzata. Frasi da delirio di onnipotenza. Segnali latenti di uno squilibrio psichico.

Ma la sua ragazza non era Freud, pensava fosse solo la smargiassata di un egocentrico. E invece era il manifesto programmatico di un disturbato che - dinanzi a un quadro clinico che lo avrebbe costretto ad atterrare senza mai più decollare - ha deciso di vendicarsi. Di uccidersi, portando con sé anche quella fetta di «mondo» che di lì a poco lo avrebbe dimenticato.

Ma Andreas non voleva cadere nell'oblio. Meglio, allora, far cadere l'aereo. Realizzando il suo vecchio obiettivo. Ricordate? «Vedrai, il mondo si ricorderà di me...». Ce l'ha fatta Andreas. Il mondo, effettivamente, si ricorderà di lui. Non foss'altro che per continuare a maledirlo.

Maria W., hostess 26enne, ex fidanzata di Andreas, in un'intervista pubblicata dal quotidiano tedesco Bild ha raccontato che, quando ha saputo della tragedia, si è ricordata di quella frase di Lubitz: «Un giorno farò qualcosa che cambierà tutto il sistema e tutto il mondo conoscerà il nome e si ricorderà».

Se «lo ha fatto», ha detto ancora la donna, «è perché ha capito che a causa dei suoi problemi di salute, il suo grande sogno di un impiego alla Lufthansa, come capitano e come pilota per tragitti lunghi era praticamente impossibile». Maria ha poi raccontato di essersi lasciata con Lubitz «perché diventava sempre più chiaro che aveva un problema».

Durante le discussioni, ha ricordato ancora, «mi urlava» e, tormentato dagli incubi, «la notte si svegliava e gridava “cadiamo“».

Maria e Lubitz sono usciti insieme per cinque mesi l'anno scorso, dopo essersi conosciuti mentre stavano lavorando su un aereo. «Ci siamo conosciuti l'anno scorso su un volo - ha raccontato Maria - e ci siamo scambiati i numeri di telefono, poi siamo rimasti in contatto. Ci incontravamo negli alberghi, ma era difficile per via del nostro lavoro». La donna ha poi descritto Lubitz come una persona «carina e dalla mentalità aperta» in pubblico, ma che aveva bisogno di amore e rassicurazioni costanti in privato.

«Era un ragazzo buono che poteva essere molto dolce. Mi comprava dei fiori», ha detto ancora Maria, precisando però che era sotto pressione per il suo lavoro. «Abbiamo parlato molto di lavoro e poi è diventato un'altra persona. Si è agitato per le circostanze in cui doveva lavorare, troppi pochi soldi, ansia per il suo contratto e troppa pressione».

Maria ha raccontato che si sono lasciati quando lei non era più in grado di affrontare i suoi problemi ed il suo temperamento sempre più instabile.

Una volta, ha ricordato infine la donna, «mi ha chiusa in bagno a lungo».

Fu il giorno dopo in cui gli arrivò un certificato medico con su scritto: «Problemi alla vista. Inidoneo al volo». E in quel preciso istante, sugli occhi di Andreas, è calata - definitivamente - la «nebbia».

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