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L'illusione dello Stato infallibile

Cosa ci insegna il ponte crollato ad Aulla, dove non ci sono stati morti solo perché - a causa della pandemia sanitaria - il traffico è ormai quasi scomparso e quindi sul viadotto vi erano solo due furgoncini?

L'illusione dello Stato infallibile

Cosa ci insegna il ponte crollato ad Aulla, dove non ci sono stati morti solo perché - a causa della pandemia sanitaria - il traffico è ormai quasi scomparso e quindi sul viadotto vi erano solo due furgoncini? Quanto è avvenuto mostra quanto sia falsa la tesi, ripetuta dalle forze di governo, secondo cui «pubblico è sempre bello» e invece i privati sono soltanto squali senza principi né senza valori. Quella struttura è crollata, di tutta evidenza, perché alcuni funzionari di Stato non hanno fatto bene il loro lavoro. Secondo l'Anas stessa - incaricata di valutarne lo stato - nell'agosto scorso «il ponte è stato oggetto di sopralluoghi e verifiche periodiche, anche rispetto a segnalazioni degli enti locali, che non hanno evidenziato criticità». Questo significa che, con ogni probabilità, chi ha esaminato il ponte non è stato all'altezza, dato che non ha visto quello che avrebbe dovuto vedere. Il che non vuole dire, ovviamente, che non vi siano dipendenti pubblici seri e scrupolosi, ma certo è assurdo continuare a difendere quell'ideologia statolatrica che ha invaso la società italiana e che sta traducendosi in una fitta serie di misure volte a limitare la libertà individuale e la concorrenza. In questi giorni a più riprese Marco Travaglio, molto vicino all'esecutivo Conte e sempre più interprete di una visione basata sulla centralità del potere, in varie occasioni ha ripetuto urbi et orbi il nuovo evangelo, secondo cui è venuto il momento dello Stato e delle industrie nazionalizzate, di quella sanità statale che sarebbe ancora migliore se non vi fosse l'evasione fiscale, di quella burocrazia che è al nostro servizio perché non persegue il profitto, come invece fanno le imprese private. Un'ideologia siffatta è smascherata dai fatti ed è figlia di una cultura che non apprezza la responsabilità, né comprende il ruolo della libera impresa. Anche i funzionari sbagliano, allora, quando non lavorano seriamente. E la stessa campagna lanciata contro i modelli sanitari che cercano d'introdurre una qualche competizione tra pubblico e privato (come da decenni fa la Lombardia, dove negli anni scorsi sono venuti milioni di pazienti da ogni parte d'Italia) è figlia del pregiudizio di chi non sa distinguere tra quanti lavorano bene e quanti lavorano male. La statica, invece, ignora ogni partigianeria.

Quanti allora riflettono sulla società dovrebbero abbandonare quei paraocchi ideologici che impediscono loro di capire il mondo in cui viviamo.

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