
È americano ma il primo discorso, dopo il saluto in italiano, l'ha fatto in spagnolo. È nato a Chicago ma ha preso la via del Perù. Ha citato due volte Francesco ma ha preso un nome che profuma di Ottocento, Leone, il pontefice di quell'enciclica storica che è la «Rerum Novarum». Ha la doppia cittadinanza e un'età, quasi settant'anni, che lo pone in quella striscia sottile in cui non si è né troppo vecchi né troppo giovani.
Tutti puntavano su Pietro Parolin, ma i cardinali hanno trovato, forse, un altro Parolin oltre l'Oceano, lui: Robert Francis Prevost. Uomo del dialogo, se si vuole, o del compromesso, se vogliamo leggerlo in modo cinico. Ma non sarà così, perché la sua biografia è quella di un giovane che si fa prete e va fra i poveri, trasformando il sogno in un ideale. Oggi la sua voce spiazza: dagli Usa arrivano parole di pace, un profeta che parla di ponti e di pace «disarmata e disarmante». Facile azzardare il paragone con l'America di Trump, ma questa è la forza della Chiesa: il nuovo Papa interpreta il mondo di oggi, così come il suo predecessore quello di ieri.
Prevost nasce il 14 settembre 1955 ed entra negli agostiniani nel 1977: il noviziato è nel Missouri. Nel 1982 è sacerdote. Va in Perù, ma anche a Roma dove studia diritto canonico. Ecco, se c'è un tratto della sua personalità è la capacità di essere presente in patria e in missione. Raggiunge le posizioni apicali fra gli agostiniani d'America, ma diventa anche vicepresidente della Conferenza episcopale peruviana.
Insomma, in un contesto sempre più frammentato, fra muri e pregiudizi, è una sintesi fra opposti che oggi appaiono ai più inconciliabili. Il Primo e il Terzo mondo, i Paesi ricchi e quelli che aspettano da troppo tempo di fare il salto verso il benessere. E poi ha un'altra caratteristica quasi unica: in lui convivono il lato istituzionale e quello del carisma. È il meno americano dei cardinali americani e il primo Papa made in Usa.
Paradossi che ora paiono quasi miracolosi, anche se naturalmente dovranno essere messi alla prova, fra guerre e drammi epocali. A un certo punto Francesco mette gli occhi su di lui: nel 2019 lo nomina membro della Congregazione per il clero, nel 2020 lo inserisce nella Congregazione per i Vescovi. Poi, nel 2023, arrivano gli incarichi più pesanti: diventa Presidente della Pontificia Commissione per l'America Latina e Prefetto del Dicastero per i vescovi. Sempre nel 2023, il 30 settembre, diventa cardinale. È un'eminenza da meno di due anni e questo dà l'idea del dinamismo, magari disordinato, della Chiesa di Francesco. L'ospedale da campo dove si curano le ferite dell'umanità.
Una figura complessa e dai lati sempre sorprendenti: viene dalla prima potenza mediatica del mondo, ma fino a ieri era passato quasi inosservato, anche per il suo carattere riservato, fra migliaia di giornalisti alla caccia dei papabili. Qualcuno forse, equivocando, l'aveva scambiato per un vescovo sbiadito e arrendevole. Errore. Perché la sua semplicità è la somma di spinte diverse e all'apparenza contrastanti. Anche il suo curriculum sembra mettere insieme almeno due persone diverse: è laureato in matematica ma anche in filosofia. È oltre all'inglese, allo spagnolo che lo avvicina quasi fisicamente a Francesco e all'italiano, conosce anche il francese e il portoghese.
E naturalmente ha il suo sport preferito: il tennis che praticava, quello si, da dilettante. Ora si scopre pure che il suo colpo migliore era, o forse è se riuscirà ancora a impugnare la racchetta, il rovescio.
Cercherà di tessere relazioni, ma sappiamo già da che parte si colloca: Leone sta con gli ultimi, con i migranti, con i poveracci dimenticati da tutti. Senza però trasformare tutto questo in un'ideologia pauperista. Continuità ma non appiattimento su Bergoglio. La tradizione, già nel nome, per correre verso il futuro. Di recente non ha risparmiato i tweet in forma di stilettata alla Casa Bianca. E contro il vicepresidente JD Vance che pure si è convertito al cattolicesimo proprio con Agostino.
Vedremo come si posizionerà fra i grandi che fanno a gomitate. E che rapporto stabilirà con Washington. Ma è inutile fare previsioni: anche Karol Wojtyla era un illustre sconosciuto nella Roma del 1978, ma poi cambiò il mondo.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.