Il limite delle bugie

Il limite delle bugie

Ieri all'Associazione delle vittime del Salvabanche hanno scoperto che rimborsare gli azionisti dei quattro istituti (Etruria, Banca Marche, CariChieti e CariFerrara) finiti in liquidazione nel 2015 non si può fare. Non lo farà nemmeno il governo gialloverde, nonostante il rimborso completo e indistinto del capitale fosse uno dei cavalli di battaglia della campagna elettorale dei Cinque Stelle.

Indemoniati contro il governo Renzi che, a detta loro, avrebbe salvato le banche e condannato i risparmiatori. «Hanno preso un sacco di voti e poi hanno fatto come il Pd», ha detto il presidente delle vittime. Cioè: avranno diritto a un rimborso, comunque parziale, solo quelli che dimostreranno di aver subito un danno. Bella scoperta: nelle società di capitale il rischio d'impresa è limitato, per l'appunto, al capitale. Se - in estrema sintesi - passa il principio che lo Stato può intervenire a rimborsare gli azionisti che, per un motivo o per l'altro, hanno perso il loro investimento azionario, salta uno dei pilastri del diritto commerciale.

Certo, si può agire, citando in giudizio gli amministratori. Ma stravolgere questi princìpi per trasformarli in promesse politiche significa considerare i propri elettori, non necessariamente edotti di materie giuridiche ed economiche, dei creduloni. Oppure prenderli i giro. Eppure è proprio questa una delle grandi cifre della comunicazione elettorale (perenne) del M5s.

Ieri ne abbiamo visto un altro esempio. Meno scolastico, più discutibile, ma pur sempre solare: l'eliminazione dei termini di prescrizione dopo il primo grado di giudizio, come vorrebbe il ministro Guardasigilli Alfonso Bonafede, non si può fare con la leggerezza di una qualunque legge. Presa singolarmente sarebbe una norma che solleva un tema giuridico enorme e che tocca concetti costituzionali quali il «giusto processo» e la (...)

(...) sua «ragionevole durata». Non per nulla la questione è già un caso politico.

Ma è ancora su questioni economiche che i Cinque Stelle hanno dato altri esempi del metodo «creduloni». Il gasdotto Tap è clamoroso almeno quanto il Salvabanche. C'è una grossa fetta di popolazione che, a torto o a ragione, ritiene pericoloso per il territorio e la salute il transito nelle acque italiane e l'approdo in Puglia del gasdotto che viene dal Mar Caspio. Popolazione che, per questo, ha deciso di farsi rappresentare in massa dal M5s in Parlamento, che il 4 marzo in Puglia ha ottenuto il 44,1% delle preferenze. Risultato finale: il Tap si farà perché, come ha detto candidamente lo stesso capo politico del Movimento, Luigi Di Maio, ci sono penali troppo alte da pagare. Non farlo costerebbe al Paese quasi come un'intera manovra.

Sempre in Puglia, gli stessi ed altri elettori si sono visti applicare il medesimo trattamento anche per l'Ilva: la promessa Cinque Stelle era riconvertire e bonificare tutta la zona dei forni di Taranto. Così nelle urne (collegio Puglia 2) M5s ha sfiorato il 43% dei voti. Risultato finale: proprio da tre giorni, dal primo novembre, la ex Ilva è passata sotto il controllo di ArcelorMittal Italia, che la riporterà a pieno regime.

Ora resta solo l'alta velocità Torino-Lione. Sul no a questa grande opera si è arroccato Di Maio: la ridotta della Tav. Perché almeno una promessa deve cercare di mantenerla.

Marcello Zacché

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