I Cinquestelle escono allo scoperto sull'economia: il loro ministro del Tesoro in pectore, Andrea Roventini, ha ieri fatto capire di puntare sulle nomine alla Cassa depositi e prestiti (Cdp), i cui vertici sono gli unici in scadenza tra le grandi società pubbliche e vanno rinnovati entro fine giugno. E cos'è la Cdp?
Meno conosciuta rispetto a grandi gruppi o banche, «Cassa» è il colosso finanziario numero uno dello Stato, e un centro di potere. È controllata all'83% dal Tesoro (il rimanente è in mano alle Fondazioni) e controlla a sua volta grandi gruppi come Eni e Poste. Ma, soprattutto, può contare su una potenza di fuoco finanziaria che non ha pari in questo Paese: sono i 250 miliardi del risparmio postale, dei quali 80 investiti e 170 a disposizione. Ecco dov'è la «ciccia». La cifra è enorme, oltre il 10% del Pil, e fa gola a chiunque arrivi nelle stanze del governo. Non a caso ci aveva messo subito gli occhi addosso Matteo Renzi, che nel 2015 non ha esitato a defenestrare i vertici di Cassa per mettere suoi uomini, il presidente Claudio Costamagna e l'ad Fabio Gallia. Che nel tempo hanno fatto assunzioni, operazioni e investimenti non sempre comprensibili (alcune pesantemente in perdita). E adesso gli occhi ce li mette Luigi Di Maio.
Il punto è che quei 170 miliardi non sono del governo, bensì di 26 milioni di piccoli risparmiatori che comprano buoni e libretti postali. Funziona così: il risparmio postale è da decenni gestito dalla Cdp che, a sua volta, tiene le risorse sul conto di tesoreria presso il ministero. Questi riconosce un rendimento superiore a quello pagato ai depositanti (solo così il margine d'interesse, molto cresciuto nell'era Renzi-Padoan, frutta circa tre miliardi). Insomma, sono tutti soldi dei cittadini. E di cittadini non certo tra i più ricchi, visto che la media dei depositi è di circa 5mila euro.
L'idea M5s sarebbe quella di utilizzare i risparmi dei piccoli depositanti di Poste per finanziare il Mezzogiorno. La vecchia idea di disporre di risorse a fini politici ed elettorali. Come e anche peggio dell'era Renzi.
Ma, soprattutto, andando contro ai paletti statutari della Cdp, le cui risorse - proprio perché risparmio degli italiani - devono essere investiti in progetti profittevoli, a condizioni di economicità, e comunque non per spese correnti. E a vigilare, con poteri di governance, ci sono anche le Fondazioni.Vedremo allora come si muoveranno - sempre che siano loro - i Cinquestelle con le nomine. Di certo questo sarà un banco di prova fondamentale.
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