"Non c'è posto in palestra". Negano l'iscrizione al senegalese ma lo danno all'amico italiano

L'episodio è avvenuto a Monselice. A Diouf è stata negata l'iscrizione, ma non al suo amico italiano. Il motivo? Secondo il titolare della palestra, i furti sono aumentati con l'aumento degli stranieri

"Non c'è posto in palestra". Negano l'iscrizione al senegalese ma lo danno all'amico italiano

Karamba Diouf è un senegalese di 31 anni che vuole iscriversi nella palestra Just Fit di Monselice, in provincia di Padova, ma l'iscrizione gli viene negata. "Non abbiamo posto" gli risponde il titolare. Ma insospettito dalla reazione del personale della palestra, Diouf vuole capire cosa ci sia dietro quel rifiuto. E scopre un'altra verità.

La storia è stata raccontata da Il Mattino di Padova. Questo è il racconto di Karamba, da anni in Italia e operatore in una cooperativa per migranti. "Due settimane fa mio cugino è venuto a chiedere a questa palestra se c’era posto per lui. Gli è stato risposto che era tutto pieno. Lui parla effettivamente male l’italiano e quindi sono ritornato dopo qualche ora io. Stessa risposta; anzi, mi è stato chiaramente detto che per ‘noi' non c’è posto in palestra".

Il ragazzo senegalese torna e questa volta incontra il titolare. Gli chiede di nuovo il motivo di questo rifiuto e la risposta del proprietario è differente: "Questo è un circolo privato e abbiamo solo 200 posti. Al momento è tutto pieno. Quando uno va via, ne può entrare un altro". Ma il proprietario non sap che Diouf sta registrando la conversazione.

Qui entra in scena Alberto Ruggin, esponente di +Europa, collega di lavoro del senegalese. Ruggin ascolta la conversazione registrata dal collega e decide di andare in questa palestra per capire se sia effettivamente piena come dice il titolare. Ma la risposta è diversa: "Per giugno siamo aperti dalle 10 fino alle 22 dal lunedì al venerdì, ma a luglio gli orari cambiano".

Ruggin a quel punto svela il vero motivo delle domande, ma la spiegazione del titolare della palestra di Monselice è altrettanto chiara: "Non chiamatemi razzista. Il 30 per cento dei miei iscritti è straniero e ho anche utenti dalla pelle nera, che vivono qui da tempo, che lavorano e che sono perfettamente integrati. Purtroppo nell'ultimo anno, con l’aumentare di utenti di colore, sono aumentati anche episodi spiacevoli. Ci sono stati furti negli spogliatoi e ho elementi certi per attribuirli a loro. È frustrante perdere clienti in questo modo. Quando entra qualcuno di loro, guardo molto a come si presenta e valuto l’opportunità o meno di iscriverlo".

Un episodio certamente spiacevole.

Ma anche da questo piccolo ma simbolico avvenimento si capiscono le falle del sistema dell'integrazione. I rapporti fra popolazione e immigrati sono tesi e la provincia è il primo termometro di qualcosa che non funziona.

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