"Noi contagiati come radioattivi Non ci farete sentire in colpa"

Nicola Porro lunedì ha annunciato di essere positivo al Covid-19. È al quarto giorno di quarantena, chiuso in casa

"Noi contagiati come radioattivi Non ci farete sentire in colpa"

Nicola Porro lunedì ha annunciato di essere positivo al Covid-19. È al quarto giorno di quarantena, chiuso in casa.

Ciao Nicola. Come stai?

«La mattina bene, la sera come se mi fosse passato sopra un tram: male. Non riesco a leggere, né a vedere la tv, ho 38-39° di febbre, tossisco».

Cosa è successo?

«Sabato non mi sentivo bene. Domenica sera sono andato all'ospedale Spallanzani, qui a Roma, e ho fatto il tampone. Il mattino dopo mi ha chiamato il professor Antinori per dirmi che ero positivo».

Primo pensiero?

«Che era una grande rottura di scatole. Le influenze passano, ma questa è diversa... Appena dici Coronavirus scatta una censura sociale per cui non puoi fare nulla. Diventi radioattivo per tutte le persone che ti stanno attorno. Chi ho incontrato deve mettersi in quarantena, significa che gli ho creato un pasticcio pazzesco».

Dove sei ora?

«Io sono a Roma, in casa. Da solo. Moglie e figli sono in Svizzera, dove anch'io sono sempre stato in questo periodo, prima di passare da Milano e poi venire a Roma. L'ultima volta li ho visti il 1° marzo, compleanno di mio figlio».

Quindi loro non corrono pericolo.

«No. Li sento per telefono, va tutto bene. Vedi: ci lamentiamo del fatto che qui sono tutti generali ma poi mancano i colonnelli, ci lamentiamo dei decreti che non sono chiari... Poi però ci sono cose che funzionano benissimo: la telefonia, Internet. Io sono isolato, ma la Rete mi salva».

Internet non era un demone...

«No, infatti... Anche se poi... prova a ordinare la spesa online a Roma. È impossibile. Io non voglio assaltare i supermercati, però...».

Chi ti aiuta?

«Degli amici: mi portano le cose che mi servono e me le lasciano fuori dal portone».

Prima ti ho chiesto come stai. Ora, come ti senti.

«Di testa bene. Mi ha impressionato la quantità di messaggi via mail e WhatsApp. Così tanti da preoccuparmi, perché penso: Non sto bene, è vero. Ma non sto morendo. E poi ho capito: il 90% delle persone che mi chiama lo fa per chiedermi i sintomi e il decorso della malattia. Cosa che nessuno fa mai, nemmeno per una polmonite. Intendiamoci: curiosità legittima. Il fatto è che questo virus è diventato un fenomeno mediatico».

Molto o troppo?

«Questa epidemia ormai fa leva sull'inconscio collettivo e ha scatenato una grande paura di cui tutti ci stiamo alimentando e che a nostra volta alimentiamo. Siamo terrorizzati. Ma alla fine è una influenza. Brutta, peggiore delle altre. Ma una influenza. Dalla quale si guarisce».

E ora cosa devi fare?

«È incredibile, ma dal punto di vista burocratico non mi ha seguito nessuno: né l'Asl né un medico di base. Non so cosa fare, non ho firmato alcun protocollo... Devo solo stare a casa e aspettare. All'improvviso sono diventati tutti medici. Ma io mi fido del professor Antinori, che non solo è il massimo della professionalità, ma affettuosissimo. E lui mi dice di stare a casa e controllare col saturimetro la percentuale di ossigeno nel sangue. Se sto tra il 96-97-98 vuol dire che non mi prende la polmonite interstiziale».

Riesci a pensare al lavoro?

«No, la mattina leggo i giornali e faccio la rassegna stampa sul mio sito, poi mi si spegne l'orologio. Non ho appetito, e dopo l'una non riesco a concentrarmi più su nulla».

Qualcuno ti ha deluso o stupito?

«Berlusconi mi chiama tutti i giorni. È molto affettuoso. Mi stupisce ogni volta, sì... Delusioni? Quelli che un po' scherzando e un po' no, la prima cosa che mi dicono è: Mi avresti potuto contagiare. Cosa vogliono? Farmi sentire sensi di colpa?».

Abbiamo sottovalutato o sopravalutato la cosa?

«La seconda. Stiamo dando troppo peso al virus. E te lo dico da malato. È comprensibile e giusta la visione dei medici che devono salvare delle vite. Ma non la visione della politica. Tra chi è positivo l'80% sta bene, il 10% sta come me, e il resto è da intubare. Ora stiamo facendo un errore paralizzando l'Italia, dal punto di vista economico, sociale e politico. L'ultimo di una serie di errori del governo. Siamo dei folli».

Cosa abbiamo sbagliato?

«Il problema sono gli ospedali, non il contagio. Prima dovevano rafforzare il sistema ospedaliero e poi limitare il contagio. Invece stiamo facendo il contrario».

Ne usciamo?

«Certo che ne usciamo».

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