A fare le cose per bene alle volte la si azzecca. Le Olimpiadi invernali 2026 arriveranno in Italia sull'asse Milano-Cortina. Saranno i Giochi del Lombardo-Veneto, cioè di quella parte d'Italia propensa al fare contrapposta a un partito di governo, i Cinque Stelle, favorevole all'immobilismo e alla decrescita felice. Solo all'ultimo minuto il premier Conte ci ha messo la faccia, ma nessuno deve scordare che se fosse stato per questo governo, quantomeno nella sua prima versione a trazione grillina, oggi non saremmo stati della partita, come non lo è Torino (la sindaca Appendino si defilò all'ultimo) e non lo fu Roma nel 2016 per l'aggiudicazione delle Olimpiadi estive 2024 dopo un braccio di ferro perso dal Coni (favorevole alla candidatura) e vinto dalla sindaca Raggi (contraria).
Le Olimpiadi non sono soltanto un fatto sportivo. Ottenerle dà prestigio a tutto il Paese, prepararle crea occupazione e investimenti, ospitarle porta attenzione internazionale e incremento del turismo. In altre parole, soldi e sviluppo, come accadde sempre a Milano con Expo 2015. I detrattori sostengono che eventi simili sono tempo perso, ricettacolo di sprechi e corruzione. Che è un po' come dire: rinunciamo a vivere perché tanto prima o poi ci si ammala e c'è pure il rischio di morire precocemente. Il Nord, ovviamente, non è immune da questi rischi, ma la sua parte sana, come dimostrano tutti i parametri in tutti i campi, è di gran lunga superiore e più forte di qualsiasi virus possa attaccarla.
Questa vittoria ha più facce. Quella del presidente del Coni Malagò, che l'ha fortemente cercata, e quelle di uomini che sono un esempio di classe dirigente sana e visionaria (il sindaco di Milano Sala, i governatori di Lombardia e Veneto Fontana e Zaia). Non è stata un'impresa facile, perché alla ritrosia del governo si è dovuto aggiungere l'isolamento in cui è scivolata nell'ultimo anno l'Italia «sovranista», in Europa e non solo.
Certo, il prodotto era buono, ma il lavoro diplomatico è stato efficace e non certo improntato allo spirito olimpico decoubertiano. Già, perché in questo caso l'importante non era partecipare, ma vincere. L'insano gusto di perdere voti e faccia lasciamolo a Di Maio e soci, è l'unica cosa che viene loro bene.
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