Cronache

Operazione antimafia a Taranto: trenta gli arresti

Il ministro dell'Interno Matteo Salvini: "Siamo riconoscenti alle forze dell'ordine e agli inquirenti: ogni giorno facciamo un passo in avanti nella lotta alla criminalità"

Operazione antimafia a Taranto: trenta gli arresti

È stata chiamata "operazione Mercurio" quella eseguita questa mattina al termine delle indagini coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce, i carabinieri della stazione di Lizzano e della compagnia di Manduria, in provincia di Taranto e del comando provinciale di Taranto, Brindisi e Lecce, del sesto nucleo elicotteri di Bari Palese, di unità antidroga del nucleo cinofili di Modugno, dell’undicesimo reggimento “Puglia” e dello squadrone eliportato cacciatori “Puglia”. Centocinquanta, in totale, i carabinieri impiegati nella vasta operazione che ha portato a trentuno misure cautelari. Di queste, ventidue ordinanze di custodia in carcere, quattro agli arresti domiciliari e cinque misure di sottoposizione all'obbligo di dimora nel Comune di residenza. Gli arresti sono stati eseguiti a Lizzano, Faggiano, Torricella, Sava, Maruggio (tutti nel Tarantino), Prato, Rimini, Caltagirone e Milano.

Le persone coinvolte sono tutte ritenute responsabili a vario titolo di associazione per delinquere di tipo mafioso finalizzata al traffico di stupefacenti, alla spendita di banconote false nonché alla commissione di estorsioni con metodi mafiosi fra cui atti incendiari ai danni di stabilimenti balneari e di altre attività commerciali di Lizzano (in provincia di Taranto) e detenzione e porto di armi comuni da sparo e armi clandestine, rapina e lesioni personali.
L’attività d’indagine è stata avviata nel gennaio 2016 quando alcune persone furono arrestate per spaccio di eroina, cocaina e hashish, all’interno di un noto bar di Lizzano. Dietro di loro c'era un vero e proprio sodalizio criminale tra la Sacra Corona Unita e i boss Francesco Locorotondo, Giovanni Giuliano Cagnazzo e Cataldo Cagnazzo.

L’organizzazione era prevalentemente dedita al traffico di stupefacenti e all’imposizione del “pizzo” a danno di alcuni esercizi commerciali di Lizzano con metodi tipicamente mafiosi, fra cui atti incendiari con bottiglie molotov. Queste attività erano gestite da Giovanni Giuliano Cagnazzo, 65enne, che dal carcere di Prato, attraverso i cosiddetti "pizzini" impartiva ordini e direttive ai sodali in libertà. I pizzini venivano portati fuori dalla struttura carceraria da Maria Schinai, anche lei arrestata questa mattina, compagna di Angelo Scorrano, ritenuto fra gli elementi chiave del gruppo criminale. Cagnazzo si relazionava con le figure di spicco della organizzazione malavitosa, vigilava sugli equilibri interni ed esterni dando il proprio consenso all'affiliazione di nuovi adepti, percepiva e amministrava regolarmente i guadagni derivanti dalle attività delittuose.

Particolarmente degna di nota è l’affiliazione al gruppo criminale del pregiudicato Antonello Zecca, già appartenente ad un altro sodalizio operante sul territorio, cui era stata demandata, su espressa indicazione di Cagnazzo, la gestione operativa del racket delle estorsioni ai danni dei titolari degli stabilimenti balneari della provincia di Taranto. Solo nell'estate del 2016 erano stati incendiati diversi lidi. Del gruppo facevano poi parte Costantino Bianchini, gestore del traffico delle banconote false, il cui profitto andava a sostenere economicamente il mantenimento in vita del gruppo criminale stesso; Alessandro Scorrano, promotore, organizzatore e coordinatore di tutte le squadre di pusher operanti sui territori di Lizzano, Faggiano, Torricella, Sava e Maruggio (nel Tarantino). Ogni squadra aveva un referente e si occupava dello spaccio al dettaglio di cocaina, eroina, metadone ed hashish; infine il pregiudicato Francesco Gualano era responsabile dell’approvvigionamento all’ingrosso dello stupefacente.
Il ricavato illecito veniva in parte destinato alle spese di giustizia sostenute dagli affiliati ristretti, in parte destinato al mantenimento delle loro famiglie e in parte per retribuire gli spacciatori, alcuni dei quali erano letteralmente assunti “a libro paga” con un contributo mensile pari a circa sei o settecento euro.

Nel corso dell’intera manovra investigativa, infine, sono stati sequestrati circa 700 grammi di stupefacente di vario genere (hashish, cocaina, eroina), banconote false e munizioni per armi comuni da sparo.

Sull'operazione si è anche espresso il ministro dell'Interno

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