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Parisi avvisa Forza Italia: finito il tempo delle trame

Il manager: "Dopo la vittoria del No si deve cambiare l'Italicum. E poi voto anticipato"

Parisi avvisa Forza Italia: finito il tempo delle trame

Non ci gira intorno Stefano Parisi. E invita Forza Italia a farla finita con «le beghe interne, le trame e le sotto-trame». Perché, spiega, il centrodestra moderato deve «uscire dall'ambiguità» e «decidere se vuole o no rinnovarsi e proporsi come seria alternativa di governo», altrimenti «avremo la responsabilità di aver consegnato il Paese ai Cinque stelle».

Silvio Berlusconi le ha affidato il compito di rilanciare il centrodestra, ma in questi mesi l'operazione è sembrata andare a rilento. Non c'è il rischio che dopo il 4 dicembre, comunque finisca, Forza Italia si faccia trovare impreparata?

«Credo che alla fine vincerà il No, perché più va avanti questa campagna estrema di Renzi, più la gente si accorge che si è perso il contenuto referendario e che si tratta solo di un voto pro o contro il premier. E che questa riforma priva di ambizioni genera confusione e non risolve i veri problemi del nostro sistema istituzionale a partire dalla debolezza dello Stato. Non è un caso che Renzi sia in evidente crisi ed è per tutte queste ragioni che non c'è più tempo da perdere».

Per fare cosa?

«Per uscire dall'ambiguità. Il centrodestra deve decidere se vuole o no rinnovarsi così da proporsi come alternativa moderata e seria al governo Renzi. È questo che ci chiedono il corpo di Forza Italia e le tante persone che militano nel centrodestra a partire dalle numerose liste civiche. O acceleriamo questo processo di rinnovamento e ci concentriamo su temi concreti proponendo un programma di governo e non limitandoci ad urlare no oppure avremo la responsabilità di aver consegnato il Paese ai Cinque stelle».

È questa la ragione del suo tour per l'Italia con Megawatt?

«Sì. Stiamo costruendo un programma di governo e il grande consenso che incontriamo testimonia che gli elettori del centrodestra si aspettano proprio questo».

A proposito di temi concreti. Quale dovrebbe essere quello qualificante?

«Senza dubbio l'immigrazione. O poniamo un limite al fenomeno o non andiamo da nessuna parte. Capisco Salvini, perché interpreta un malessere che c'è nella società, però bisogna anche dare risposte e non limitarsi a dire fermiamoli».

In concreto?

«Bisogna prendere un'iniziativa forte perché l'Ue mandi soldi ai Paesi da cui arrivano questi immigrati. La Merkel ha convinto l'Unione a dare tre miliardi di euro alla Turchia per fermare il flusso dalla Siria, non riusciamo a fare lo stesso solo perché Renzi in Europa è marginale e instabile».

Cosa ne pensa della vicenda di Gorino?

«Ha segnato una svolta drammatica, perché per la prima volta lo Stato ha deciso di requisire una proprietà privata per accogliere gli immigrati, così oggi tutti si sentono minacciati, soprattutto i proprietari di seconde case. Quel che è successo non è colpa degli abitanti di Gorino ma di uno Stato e di un governo impreparati».

Il suo appello a «uscire dall'ambiguità» può essere interpretato come una mano tesa ai vertici di Forza Italia dopo le tensioni di questi mesi?

«È un invito al senso di realtà affinché il centrodestra torni un'alternativa seria di governo. E certo non lo può essere con le beghe interne, le trame, le sotto trame. Le cose serie di cui dobbiamo occuparci sono altre: dallo Stato che è in forte crisi di funzionamento all'economia che non cresce, passando per le aziende soffocate dalla burocrazia e dalle tasse. Per non parlare della crisi della scuola e di un Sud dimenticato».

Perché è per il «No» al referendum?

«Perché abbiamo bisogno di una riforma della Costituzione più ambiziosa che ci consenta di affrontare la nuova epoca nella quale siamo già immersi da tempo. Abbiamo bisogno di un governo forte e stabile, di eliminare i conflitti tra Stato, Regioni ed Enti locali, di federalismo fiscale. Dando ai sindaci la responsabilità dei tributi e l'autonomia fiscale, possiamo dimezzare il numero dei parlamentari e avere degli eletti davvero radicati sul territorio».

Il suo appello di rinnovamento è anche per Salvini e Meloni?

«Lega e Fdi hanno già compiuto un processo di rinnovamento. È soprattutto al centrodestra moderato che mi rivolgo».

Che ne pensa del progetto di Salvini di una Lega «nazionale»?

«Sono dinamiche interne in cui non entro. È una questione di cui si occupa la Lega, mi pare peraltro a breve e con un congresso».

Non teme che un'operazione del genere possa erodere voti al fronte destro di Forza Italia?

«Credo che in questo momento sia sbagliato per le forze del centrodestra farsi competizione tra loro. Il tema vero, infatti, è solo uno: riconquistare la fiducia di 10 milioni di persone che non hanno più votato centrodestra rimanendo a casa o votando Cinque stelle. Sono persone moderate, professionisti e media borghesia, gente che con una proposta seria di governo e con persone competenti, affidabili e oneste possiamo riportare a votare per noi».

Se il 4 dicembre vince il «No» si va dritti alle elezioni anticipate?

«Prima di tutto si fa una legge elettorale condivisa da tutti. Poi, in tempi brevissimi, si deve andare a votare. È per questo che dobbiamo cominciare a costruire il dopo sin da oggi e farci trovare pronti a governare.

L'incontro di Berlusconi con Sergio Mattarella va proprio in questa direzione, quella di un centrodestra moderato e affidabile».

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