Più partenze che arrivi: l'Italia degli emigranti

"Non è un paese per vecchi", è il titolo di un film dei Cohen che per l'Italia dovrebbe essere riadattato in "Non è un Paese dove vivere". Stando agli ultimi dati dell'Istat, infatti, ci sono più emigrati che immigrati nel Belpaese

Più partenze che arrivi: l'Italia degli emigranti

Era dall’inizio degli anni 70 che non succedeva, non come evento di massa. In realtà i dati dell’Istat, l’Istituto statistico italiano, smentiscono che le uscite dal Paese abbiano superato gli arrivi: il "saldo migratorio" fra persone che si stabiliscono nel Paese e quelle che lo lasciano è sceso negli ultimi anni, però resta positivo. Ufficialmente, contando gli sbarcati di Lampedusa, l’anno scorso sono venute ad abitare in Italia 128 mila persone in più di quante non ne siano andate altrove. Resta un dubbio: i dati ufficiali dei Paesi di destinazione dei migranti italiani raccontano una storia diversa. I deflussi potrebbero essere almeno due o tre volte più intensi di quanto non si creda: l’Istat non mente, solo che dispone di informazioni incomplete. Negli ultimi due anni l’emigrazione fuori dall’Italia potrebbe essere diventata così rapida da spiegare una buona parte del ritardo nella crescita economica sul resto d’Europa.

Germania, Gran Bretagna e Svizzera sono le prime mete per gli italiani che vanno all’estero e negli ultimi anni hanno assorbito circa un terzo dei nostri migranti. Sono anche i Paesi con i dati di migliore qualità sugli afflussi di italiani. Anche se non cancella la sua vecchia residenza italiana, chi arriva in Germania, nel Regno Unito o in Svizzera deve registrarsi subito per poter ottenere il codice fiscale, l’assistenza sociale o il medico di famiglia. E i numeri sugli immigrati italiani in mano alle amministrazioni di Berlino, Londra e Berna sono in media tre volte e mezzo più alti di quelli che registra l’Italia (vedi grafico). La Germania è il caso più estremo: secondo l’Istat sono poco più di 17 mila le persone trasferitesi verso la Repubblica federale nel 2014, ma l’omologa agenzia tedesca ne conta oltre quattro volte di più. Se tutti i migranti italiani si comportassero come quelli che vanno in Germania, in Svizzera e nel Regno Unito, l’anno scorso ne sarebbero usciti dal nostro Paese 435 mila. E se anche fossero stati più disciplinati nel segnalare il cambio di residenza, potrebbero facilmente essere stati il triplo dei 145 mila segnalati dall’Istat e dunque ben più dei 273 mila stranieri arrivati. Ciò significa che l’Italia già oggi sta perdendo forse anche 300 mila residenti l’anno, se si conta anche il crollo della natalità rispetto ai decessi.

Sarebbe una perdita di circa lo 0,3% del prodotto interno lordo solo in consumi, in una sorta di spirale: la crisi spinge i lavoratori fuori dall’Italia, ma la loro uscita aggrava la crisi e ne spinge ancora altri verso la porta d’uscita. Non sono migranti con la valigia di cartone, la loro non è un’epopea di pane e cioccolato e la si avverte appena come un rumore di fondo in un Paese segnato dal dibattito sull’"invasione straniera".

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