Coronavirus

Distanziare le due dosi per avere più vaccini: l'idea per l'emergenza

Secondo molti esperti (nel Regno Unito e non solo) la proposta non è realizzabile, né al momento necessaria

Distanziare le due dosi per avere più vaccini: l'idea per l'emergenza

Di vaccini per il momento ce ne sono pochi. Per questo motivo sarebbe nata l’idea, che nel Regno Unito potrebbe diventare anche qualcosa di più, di ritardare la seconda dose di farmaco, in modo da poter vaccinare un numero maggiore di persone con la prima. La somministrazione della seconda dovrebbe avvenire circa 3-4 settimane dopo la prima. Con una sola dose si può arrivare anche al 50-70% di protezione dal Covid-19.

Ritardare la seconda dose

Ma è un’idea realmente attuabile? Secondo Anthony Fauci, il massimo esperto statunitense sul Coronavirus, no. In Italia, a fare il quadro della situazione è Sergio Abrignani, ordinario di Patologia generale all’Università Statale di Milano e direttore dell’Istituto nazionale di genetica molecolare “Romeo ed Enrica Invernizzi”, che al Corriere ha spiegato che “per rispondere bisogna chiarire perché e come si è arrivati a proporre questa tempistica. Davanti al dilagare della pandemia il primo problema che ci si è posti è stato quello di indurre nelle persone un’efficiente risposta immunitaria nel più breve tempo possibile e quindi di studiare vaccini somministrabili in due dosi ravvicinate: poche settimane, mentre in altri vaccini possono anche passare due-tre mesi. Detto questo, la proposta di allontanare nel tempo le due dosi di in assenza di studi clinici non potrà mai essere ufficialmente accettata dalle agenzie regolatorie, si potrà trattare solo di quello che chiamiamo un uso “off-label” del vaccino e quindi formalmente non si potrà utilizzarlo per un alto numero di persone”.

L’ipotesi di allontanare nel tempo le due dosi di vaccini non sarebbe comunque attuabile per i primi soggetti che devono essere vaccinati, ovvero il personale sanitario e gli over 65 con più patologie, che sono circa l’80-90% dei morti per Covid. Come sottolineato da Abrignani, il sistema immunitario, essendo un organo, tende a invecchiare con l’età e quindi a lavorare meno. Una prima dose di vaccino non sarebbe sufficiente a proteggere gli anziani. Discorso diverso per quanto riguarda gli adulti sani e i giovani. Se quando sarà il loro turno, più o meno verso giugno, ci saranno pochi vaccini, si potrà prendere in considerazione l’idea. Ma in teoria dovrebbero arrivare anche altri vaccini, oltre a Pfizer-Biontech e Moderna, come Johnson & Johnson, Astrazeneca e Curevac e, nel 2022, anche quello di Sanofi.

Quello che sembra preoccupare maggiormente Abrignani non è tanto la mancanza di vaccini quanto piuttosto l’organizzazione e l’esecuzione di questi.

Dimezzare le dosi

Un’altra idea partorita sarebbe quella di dimezzare le due dosi, mantenendo però i tempi previsti tra la prima e la seconda. In questo modo si andrebbe a risparmiare una dose. Bocciata dall’esperto anche questa idea, perché "non è così che si procede nel mondo della scienza". Nei giorni scorsi gli studi sul vaccino di Moderna avevano dimostrato che in soggetti tra i 18 e i 55 anni anche due mezze dosi avevano dato la stessa protezione di due intere. La Food and Drug Administration ha però subito detto che l’idea di usare mezze dosi di vaccino era prematura e priva di prove concrete. In ogni caso, tutti i cambiamenti di dosaggio devono essere approvati dall’Ente regolatorio.

Sul perché le dosi debbano essere due, Abrignani ha spiegato che “in tanti altri vaccini se non sono due, sono tre, come nel caso, per esempio dell’Epatite B, questo perché con la prima somministrazione si innesca la risposta del sistema immunitario e con la seconda e la terza la si potenzia relativamente all’efficacia e alla memoria che, nel caso di Covid , si spera duri anni perché il virus , a differenza di quello influenzale, muta relativamente poco.

Nel peggiore dei casi, se dovesse comparire una variante mutata al punto da non essere più riconosciuta dalla risposta immunitaria indotta dall’attuale vaccino, in un paio di mesi si potrebbe avere un nuovo preparato aggiornato”.

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