Quei nervi tesi e la strategia dei toni più alti

Quei nervi tesi e la strategia dei toni più alti

È un mix di strategia comunicativa e nervosismo quello che negli ultimi giorni, ieri in particolare, ha visto un Matteo Salvini sempre più su di giri, pronto ad alzare il volume su ogni fronte. Senza esitazioni né mezze misure, con un linguaggio e dei toni a volte di molto sopra le righe. Una scelta in parte ragionata, perché è del tutto evidente che il leader della Lega inizia a sentire il peso di un governo ormai perennemente impantanato e ha bisogno di sparigliare le carte. Ma che rischia di andare fuori controllo se ancora una volta quello che a detta di tutti è un abilissimo comunicatore ha deciso di non rispondere alle domande. Dribblandole con la battuta e l'ironia, certo. Ma guardandosi bene dall'entrare nel merito. Sia sul presunto Russiagate che sulla vicenda della moto d'acqua della Polizia utilizzata per far fare un giro al figlio del ministro dell'Interno. Con un'ostinazione che alla fine lo ha costretto a chiudere la conferenza stampa al Papeete Beach di Milano Marittima per evitare di doversi smarcare dall'ennesima richiesta di chiarimento. Proprio lui, che fino a ieri aveva avuto la grande dote e abilità comunicativa di non sottrarsi ad alcuna domanda, secondo molti uno dei punti di forza della sua capacità di intercettare il Paese.

Una scelta che all'osservatore esterno non può che dare un'impressione di debolezza e irritabilità. La prima del tutto smentita dai sondaggi che continuano a vedere la Lega stabile sopra il 36%, la seconda confermata da chi ha avuto occasione di parlare con il titolare del Viminale, nervoso e irascibile come non lo si vedeva da tempo. Le ragioni potrebbero essere diverse. E vanno dalle inevitabili pressioni che arrivano sul fronte giudiziario (comunque si concluderà, oggi l'inchiesta sui presunti finanziamenti di Mosca alla Lega è un dito nell'occhio) ai destini del governo e della legislatura. Lo stallo sulla riforma della Giustizia, infatti, ha di fatto puntato i riflettori su quello che da oggi in poi sarà il vero problema dell'autoproclamato «governo del cambiamento». I compromessi possibili tra due radici politiche e culturali opposte sono ormai arrivati all'osso. Quel che è stato possibile conciliare è stato conciliato e a questo punto rimangono i temi davvero spinosi, a partire proprio dalla giustizia. Su questo fronte, infatti, un punto di caduta comune è impossibile senza che non ci sia un vincitore e uno sconfitto. E così sarà nei mesi a venire. Di qui la scelta di Salvini di accelerare per lasciare a Luigi Di Maio il compito di doverlo «inseguire» su ogni fronte. Vanno in questa direzione alcune forzature del ministro dell'Interno che ieri, però, ha lasciato andare il piede a tavoletta. Prima quando ha dato della «zingaraccia» a una rom che in un video gli aveva augurato un proiettile. Poi quando se l'è presa con un videomaker di Repubblica che gli chiedeva conto della vicenda della moto d'acqua. «Vada a riprendere i bambini, visto che le piace tanto...», ha replicato sprezzante Salvini mentre il collega gli chiedeva se per caso lo stesse accusando di pedofilia. E infine quando parlando della vicenda Alan Kurdi ha detto di essersi «rotto le palle» del governo tedesco.

Insomma, un leader della Lega teso come non lo si vedeva da tempo.

Pressato su molti fronti e, forse, con il timore di aver perso il momento giusto per staccare la spina al governo. E con davanti il rischio di restare «prigioniero» non solo di Giuseppe Conte e Di Maio. Ma anche di una manovra dove quasi certamente non ci sarà traccia della flat tax.

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