La "vendetta" di viale Mazzini incombe sui dipendenti della televisione pubblica. Proprio nei giorni più caldi per la televisione di Stato, che aspetta con ansia la tanto annunciata riforma di Matteo Renzi, piovono sospensioni su chi osa criticare la Rai.
La prima vittima di queste liste di proscrizione è stato Leonardo Metalli, giornalista del Tg1 che si occupa di musica e spettacolo. Al suo indirizzo sono arrivate nel giro di quindici giorni, due lettere disciplinari con annessa sospensione dal lavoro e dallo stipendio per due giorni. Quale sarà il motivo di tanta crudeltà? Il professionista, molto attivo sui social, ha più volte detto la sua sulla linea editoriale della testata diretta da Mario Orfeo. “Tutto fantastico per il Tg1 quello che fa il Governo. La realtà è molto diversa, pensionati senza cena e pochi regali di Natale per pagare le tasse sulla casa” aveva scritto Metalli sul suo profilo Facebook, bacchettando il Tg1 di essere troppo filogovernativo. Quell'opinione, più da telespettatore che da dipendente, gli è valsa il richiamo della Rai che lo ha accusato di aver tradito "gli obblighi di diligenza, correttezza e buona fede derivanti dal rapporto di lavoro".
Sempre Facebook, all'interno di un gruppo chiuso utilizzato come bacheca sindacale e visibile ai soli iscritti, Metalli aveva commentato le recenti conclusioni giudiziarie riguardo l'inchiesta Mafia Capitale: come, ad esempio, il bar interno dei dipendenti fosse affidato alla cooperativa di Salvatore Buzzi. "Le Olimpiadi della mafia a Roma. Già in corso. Il direttore generale voleva controllare gli orari dei giornalisti Rai e non si accorgeva che i Bar erano dei mafiosi" aveva scritto il giornalista. Nonostante quelle affermazioni fossero private ed a titolo personale, l'occhio del "Grande Cavallo" ha individuato quelle parole di troppo ed ha punito il giornalista.
Gli avvocati dell’azienda hanno contesto a Metalli di aver accostato il direttore generale Luigi Gubitosi alla mafia: accuse che il giornalista rigetta. Mistero sulle modalità con cui la Rai ha sconvato gli status "scomodi". Comunque, la posizione del cronista si fa piuttosto delicata: dopo due sanzioni disciplinari – da regolamento interno – alla terza si rischia il licenziamento. In sua difesa, intanto, è intervenuto anche il CdR del Tg1, sottolineando come "debba essere sempre possibile, fermo restando il dovere di fedeltà e correttezza per ogni dipendente nei confronti della propria azienda, esprimere la propria opinione, anche quando si traduce in una critica".
Eppure, Metalli non è stato l'unico a finire nel mirino dei controlli social. Anche un altro dipendente Rai, uno degli amministratori del gruppo Facebook "Indignerai" (luogo virtuale di riferimento per gran parte dell'azienda), avrebbe ricevuto una lettera disciplinare dopo aver espresso critiche sull'operato di alcune sigle sindacali.
Oramai è chiaro, viale Mazzini (ed il dg Gubitosi) non vogliono più tollerare certe "libertà". Ma forse in Rai dimenticano, troppo spesso, che anche i dipendenti sono telespettatori. Non bastava il "Grande Fratello", ora è arrivato anche il "Grande Cavallo".
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