Una rivoluzione di civiltà

Il governo Meloni ha deciso di far andare avanti la riforma fino all'approvazione così come è stata concepita dal ministro Carlo Nordio.

Una rivoluzione di civiltà
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È uno spettacolo sorprendente quello della rabbia espressa sui giornali della sinistra giustizialista (a sinistra di che cosa, esattamente?) che sembra ormai aver perso il lume della ragione sulla riforma della Giustizia che il governo Meloni ha deciso di far andare avanti fino all'approvazione così come è stata concepita dal ministro Carlo Nordio.

L'aspetto più sbalorditivo è che seguitano a sparare nei titoli politici il nome di Silvio Berlusconi, il quale, benché sia scomparso e sepolto con tutti gli onori e i tributi anche dei suoi avversari politici, dall'aldilà dove è appena arrivato già sfida l'eternità politica come mandante della riforma. Il ministro della Giustizia Carlo Nordio, lo aveva già detto in piena e trasparente evidenza: «Questa riforma sarebbe piaciuta a Berlusconi». Gli sarebbe piaciuta perché finalmente si intravede come novità uno spirito che va al di là di questo o quell'articolo di legge, si tratta di ciò che il giustizialismo detesta di più: il primato della persona neanche del cittadino ma dell'essere umano -, su quello della giustizia. E poi perché la riforma, dettando regole civili sull'uso delle intercettazioni farebbe assottigliare e forse estinguere quel tipo di giornalismo totalmente al di sopra della legge, che da noi alligna ma non nei Paesi che la democrazia l'hanno inventata. Il giornalismo di chi pratica lo scambio di influenze con uno o più magistrati e fa carriera come se fosse un premio Pulitzer, mentre il suo pusher togato ricava i suoi vantaggi. Nel Regno Unito questo tipo di giornalista va comunemente in galera. Invece qui si urla alla censura perché avanza il principio secondo cui nessun essere umano può essere impunemente messo alla gogna. Meno manette e meno arresti? E allora? Nei Paesi di common law quasi tutti gli imputati sono a piede libero su cauzione finché non è provata la loro colpa.

Il reato di abuso d'ufficio è l'altra pietra dello scandalo della riforma perché dovrebbe essere abolito liberando tavoli e scaffali di migliaia di pratiche polverose, essendo un reato definito in modo arbitrario e fumoso mentre i veri abusi sono già puniti. Infine: l'Italia è stata pregata e pagata dall'Europa affinché si allinei con le sue leggi al livello dei Paesi più civili. Non per generosità, ma perché il nostro sistema giudiziario provoca imbarazzo nella comunità europea. Adesso non si possono più sabotare le riforme per far dispetto a Berlusconi.

Oggi sono loro ad avere un conflitto di interessi ed eccoli tutti in fila ad usare il nome del Cavaliere nei titoli come mandante di una sacrosanta riforma che, peraltro, aveva già mosso un primo passo con la

legge Cartabia del governo Draghi. Tanta spiritata ossessione abbinata alla tiritera sul fascismo alle porte dovrebbe generare almeno il sospetto che quella giustizialista sia l'unica destra reazionaria di cui aver paura.

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