Dalla ruspa a Machiavelli: Matteo si scopre stratega

Metamorfosi di Salvini: dai comizi in felpa a fine stratega in cravatta. Il leader del Carroccio ha dimostrato grande abilità nelle trattative con alleati e avversari

Dalla ruspa a Machiavelli: Matteo si scopre stratega

Da re della piazza a stratega nel Palazzo. Quella di Matteo Salvini è una metamorfosi repentina e per certi versi quasi inaspettata. Perché se le sue doti di comunicatore nei comizi, in tv o sui social network non sono una novità, quello che in pochi avevano previsto è che il segretario della Lega potesse giocare con tanta abilità una partita complessa come quella delle presidenze delle Camere. E invece Salvini ci è riuscito, mettendo da parte la felpa giusto il tempo necessario per entrare in Senato, dove la cravatta è d'obbligo. Lo ha fatto senza tradire il suo personaggio, quello delle ruspe e del contatto diretto con gli elettori. Tanto che nonostante le trattative sembrassero in alto mare non ha rinunciato ad andare a Viterbo dove era atteso per un comizio ed una cena elettorale. D'altra parte, racconta chi lo conosce bene, «è quello l'ambiente dove si muove meglio».

Eppure, il Salvini uscito vittorioso dalle urne ha dimostrato di muoversi con un certo agio anche nei corridoi felpati di Palazzo Madama. Portando a casa una trattativa con Silvio Berlusconi niente affatto in discesa e gestendo con abilità momenti duri come la lunga notte di venerdì, quando la rottura sembrava ad un passo. Non un parola di troppo, non un affondo fuori posto. Anzi, dopo aver colpito - come quando ha deciso di far votare per l'azzurra Anna Maria Bernini, di fatto mettendo in crisi la candidatura alla presidenza del Senato di Paolo Romani - subito una carezza a cercare di riequilibrare. La capacità di saper modulare i toni e i modi, d'altra parte, è una delle arti principali della politica. E Salvini ha dimostrato di saperlo fare. Non solo in campagna elettorale quando ha deciso di mettere da parte la parola «immigrati» e parlare invece di «clandestini», così da strizzare l'occhio all'elettorato più moderato (cosa peraltro riuscita), ma anche in questi ultimi giorni, quando davanti alle telecamere ha sempre commentato con fare pacato e il sorriso sulle labbra l'evolversi del braccio di ferro con il leader di Forza Italia.

Capacità e consapevolezza. Perché un merito indubbio è stato quello di affidarsi a Giancarlo Giorgetti e Roberto Calderoli, due che di esperienza ne hanno parecchia. Sono stati soprattutto loro a consigliarlo su come muoversi per tenere aperto il canale con Luigi Di Maio e allo stesso tempo gestire la partita delle presidenze sul fronte parlamentare. Così Salvini ha portato a casa il primo round del dopo elezioni, dimostrando di ambire legittimamente alla leadership del centrodestra non solo per il risultato nelle urne ma anche per meriti sul campo. Perché alla fine, nonostante le tensioni, il segretario della Lega ha comunque garantito a Forza Italia di portare a casa la presidenza del Senato.

L'abilità è stato farlo alle sue condizioni, mettendo in chiaro che la Lega non è più al traino di Forza Italia. D'altra parte che gli equilibri all'interno del centrodestra siano cambiati è del tutto evidente. Ora, però, arriva la sfida più complicata. Soprattutto se davvero Salvini, come pensano quelli che gli stanno più vicino, è convinto di chiudere un'alleanza di governo con il M5s. Ci sono infatti da superare due macigni enormi: quello della premiership (visto che sia lui che Di Maio ambiscono a Palazzo Chigi) e quello della conventio ad excludendum verso Berlusconi (visto che il M5s non vuole neanche sedersi al tavolo con il leader di Forza Italia). Ma da gestire ci sarà anche la pancia del Nord, Lombardia e Veneto in particolare. È qui, infatti, che un pezzo importante dell'elettorato leghista percepisce i Cinque stelle e il reddito di cittadinanza come una misura assistenziale.

Salvini, insomma, non dovrà solo avere la capacità di negoziare e conciliare con Di Maio e magari Berlusconi per trovare la quadra di un governo la cui composizione appare ancora fumosa.

Dovrà infatti riuscire anche a mediare sul territorio e convincere lo zoccolo duro del Carroccio che la convivenza con il M5s ha una sua ragione d'essere. Un impresa complicata ma a questo punto non certo impossibile.

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