Sì a Trump, ma non troppo Siamo italiani

Sì a Trump, ma non troppo Siamo italiani

Trumpisti sì, ma non troppo. Almeno in Europa. Perché se è vero che un po' dappertutto va crescendo l'ondata populista, l'impressione è che la cavalcata del trumpismo nel Vecchio continente sia meno impetuosa di quanto ci si sarebbe aspettati dopo l'uno-due messo a segno tra giugno e novembre con la Brexit prima e le presidenziali americane poi. Certo, il quadro sarà più chiaro ad aprile, quando in Francia si terranno le elezioni per l'Eliseo e si potrà pesare in voti il risultato del Front national di Marine Le Pen. Ma, al momento, sono in molti ad ipotizzare che, nonostante l'Europa sia disunita e frammentata come non mai, alla fine l'annunciato sfondamento della destra sovranista non ci sarà. Lo lasciava intendere qualche giorno fa anche il Wall Street Journal, in un reportage in cui si dava conto della campagna elettorale di Geert Wilders, leader dell'ultradestra in Olanda, e del recupero di consensi che i sondaggi stanno accreditando in Germania all'Spd di Martin Schulz e in Francia a Emmanuel Macron e al suo En Marche!

Di certo, in Italia Donald Trump riscuote simpatie, ma non sembra in grado di polarizzare un consenso importante. Per diverse ragioni, due in particolare. La prima è lo spazio elettorale occupato in questi ultimi anni dai Cinque stelle, un movimento trasversale che vale circa il 30% dell'elettorato italiano, che pesca a destra ma anche a sinistra e che in questi mesi è stato «trumpista quanto basta».

Ci sono, insomma, alcuni punti di contatto - la critica all'Ue e al sistema bancario -, ma anche distanze, in particolare sul clima o sull'immigrazione, tema su cui i Cinque stelle hanno una posizione ambigua. Il Movimento di Grillo, insomma, è un grande contenitore in cui si riconoscono non solo i simpatizzanti di Trump, ma anche i suoi detrattori.

Diverso il discorso della Lega, visto che Matteo Salvini ha invece sposato senza se e senza ma la causa di The Donald.

In questo caso, insomma, non ci sono ambiguità. Esistono però due enormi problemi per il segretario del Carroccio.

Il primo è territoriale, visto che la Lega da Roma in giù continua ad avere percentuali da zerovirgola nonostante l'imponente investimento di tempo e risorse fatto da Salvini in questi mesi per cercare di allargare la sua sfera d'influenza. Sforzo che, almeno ad oggi, sembra essere stato del tutto inutile.

Il secondo è politico, perché ad essere trumpista senza esitazioni è Salvini ma non certo tutta la Lega.

Insomma, dovesse arrivare il redde rationem dentro il Carroccio anche il trumpismo sarebbe destinato ad essere di molto ridimensionato.

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