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Lo schiaffo del governo che dimentica gli onesti e aiuta chi lavora in nero

L’Italia è ancora uno stato di diritto? La domanda è lecita perché, in teoria, in uno stato di diritto non dovrebbe esistere la piaga sociale del lavoro in nero

Lo schiaffo del governo che dimentica gli onesti e aiuta chi lavora in nero

La ministra del Lavoro Nunzia Catalfo (Mov5Stelle) ha quantificato l’intervento per i più bisognosi, quelli che non hanno ricevuto alcun sollievo dal Cura Italia: si tratta di 3 miliardi di euro per un’utenza stimata in 3 milioni di persone che non godono di altre prestazioni sociali. Si tratta del cosiddetto 'reddito d’emergenza', della durata probabile di due mesi e dell’entità di 400 euro al mese, i cui beneficiari saranno coloro che non hanno reddito, quei cittadini che lavoravano in nero e ora non possono più farlo a causa del coronavirus. Quante sono, queste persone che vivevano o sopravvivevano "col nero"? Moltissime, ahinoi. E non sono solo quelle senza alcun reddito ma anche quegli italiani che, comprensibilmente, "arrotondavano" il modestissimo stipendio. E’ ovvio che entriamo in un campo, quello della povertà e della mancanza di un lavoro che dia dignità alle persone, che va affrontato con coscienza e senso di responsabilità.

Fatto sta, però, che gli onesti, i genitori alle dipendenze di datori di lavoro altrettanto onesti e che quindi pagano, oltre a tutte le tasse, anche la retta per i figli alle scuole pubbliche paritarie, pagano a caro prezzo il loro diritto costituzionale alla libertà educativa. Lo pagano, ma in teoria, o meglio, a rigore del Diritto italiano, non dovrebbero. Senza alcun intervento da parte dello Stato. Ma si sa, siamo in Italia. Ma allora ci si domanda, quasi per essere certi del paradosso: l’onesto viene abbandonato, il disonesto viene aiutato? Risposta affermativa. Allora subito sorge una seconda domanda: l’Italia è ancora uno stato di diritto? La domanda è lecita perché, in teoria, in uno stato di diritto 1) non dovrebbe esistere la piaga sociale del lavoro in nero 2) il diritto alla libertà di scelta educativa dovrebbe essere non solo sancito ma anche garantito. Si ritorna così alla guerra fra poveri. Sembra, osservando la realtà con un occhio scevro da ogni ideologia, che al Governo, o almeno ad una sua parte, non interessi garantire la libertà educativa dei cittadini. Sembra che si voglia perpetuare lo status quo: chi può, sceglie e chi non può si accontenta. Non solo: sembra che al Governo, o almeno ad una sua parte, non interessi la perdita di un patrimonio educativo, fondato sulla contemporanea presenza di scuole pubbliche statali e scuole pubbliche paritarie, scuole che svolgono un servizio pubblico, con una propria identità culturale la cui varietà, come tutte le differenze, hanno contribuito e contribuiscono a fare grande l’Italia.

La realtà sembra confermare le apparenze: chi ha lavorato in nero ed è stato, magari suo malgrado, connivente con un sistema mafioso, riceverà il reddito di emergenza. In sostanza: lo Stato concede un sussidio a chi ha trasgredito la legge. Ritorna la domanda: viviamo ancora in uno Stato di diritto? Da Meridionale, figlia di genitori seri e laboriosi, ho imparato che il nero va denunciato e che il guadagnarsi da vivere non può diventare una scusante. Certamente occorre che la Stato crei le condizioni perché i cittadini non accettino di lavorare in nero. Tuttavia anche su questo fronte, oltre alle mere politiche economiche, non va forse creata una mentalità, una cultura della legalità, in tutti gli ambiti, in quello del lavoro in primis? Ritorna allora fondamentale il ruolo della scuola, della cultura, del pluralismo educativo che, se garantito, consente, tra le altre cose, un risparmio di 6 mld annui, denaro prezioso da investire in politiche economiche serie. La politica dei sussidi ha condotto a questo: siamo passati dal cittadino di serie A e B al povero di serie A e B: questa discriminazione ora si consuma sulla povertà giocata in modo onesto (A), utile alla Nazione ma che, paradossalmente, si sente completamente ignorata dal governo. Non una parola è stata spesa per le famiglie e gli studenti della scuola paritaria: è vero, si sono levate le voci dell’opposizione ma anche, va riconosciuto (onestà intellettuale sempre) anche di una parte del Governo (che per altro rende l’altra parte una minoranza che non rappresenta più i cittadini, neanche quei poveri disperati che li hanno votati). In questo modo il povero, il portinaio che paga le tasse e manda il figlio alla scuola paritaria perché ne condivide il progetto educativo, rimane sempre più solo. Ma anche l’avvocato, il medico, che è ricco perché lavora onestamente, che paga le tasse altrettanto onestamente, rimane solo a pagare i suoi debiti e magari sostiene economicamente organizzazioni di volontariato che aiutano i poveri (onesti e disonesti…) E il povero di serie B che, invece di ribellarsi, si adatta alla logica del nero (aguzzino e vittima si confondono) ora sarà aiutato. Sarà aiutato lui che non ha mai pagato una tassa a quello Stato che ora lo aiuta. Il cittadino medio, onesto e trasparente, pur tra i mille vincoli della burocrazia che affossa, oggi si sente rispondere da chi ha fatto del perseguimento dell’illegalità (ora però siamo in situazioni umanitarie, cambia tutto…), dell’abbattimento dei privilegi di casta una battaglia di vita (politica), che i poveri disonesti avranno il Rem 400.

Gli onesti saranno aiutati da altri. Da chi? Aiutati che il cielo ti aiuta. Stiamo toccando con mano che la politica della semplificazione, del tutti possono fare tutto, esprimersi su tutto (dove sono adesso i sostenitori delle politiche anti vaccinazione?) ha miseramente fallito e, soprattutto, ha reso l’Italia più povera e più fragile. Sia il Coronavirus, quel cigno nero che cambierà l’ Italia sollevandola dal vortice del pressapochismo in cui è caduta, dove tutto e il contrario di tutto è lecito. E no …. Ormai è giunto il tempo delle scelte responsabili adulte Basta con le politiche dell’assistenzialismo sociale che rendono il ricco più ricco e il povero più schiavo con l’aggravante della guerra fra poveri. I cittadini vogliono risposte serie. I poveri che hanno lavorato in nero, nella corretta assunzione della loro responsabilità (questa c’è sempre), devono essere aiutati ma anche recuperati alla legalità.

Cosa diremo a quei poveri che sono finiti a fare la fila alla Caritas perché hanno sempre pagato le tasse (ricordiamo tutti gli imprenditori suicidi perché lo stato non liquidava le commesse ultimate ma chiedeva il pagamento delle tasse) e per i quali una parola nel decreto non c’è. E’ vero: questi sono poveri che non hanno un peso politico, a loro provvederà quel volontariato e terzo settore che noi tassiamo, tanto questi sono cosi folli che pur di servire la nazione si indebiteranno o si spaccheranno il cervello per organizzazioni solidali. Diciamo la verità nuda e cruda: in questi momenti quello della irresponsabilità è un lusso che neanche i pentastellati di memoria populista possono permettersi. Oggi occorrono scienza, coscienza e competenza altrimenti ci si faccia da parte: in ballo c’è il futuro dell’Italia, non la piattaforma Rousseau! Il buon senso civico ora però vede il Governo, nel miglioramento del decreto Cura Italia, impegnato a prendere atto dei numerosi emendamenti presentati, altrimenti sia consapevole che dovrà spiegare ai 900.000 allievi della scuola paritaria, ai loro genitori e ai 100.

000 docenti le ragioni che lo hanno convinto a sacrificarli, nonostante il beneficio che apporta il pluralismo educativo, accanto a quello economico di 6 mld annui; ma, peggio, dovrà spiegare - sempre il Governo - quale peso ha avuto l’ideologia, tanto da potersi permettere, in tempi di emergenza coronavirus, una spesa (prevista ed evitabile con la gestione del buon padre di famiglia) di euro 5 mld nel prossimo anno scolastico. Sempre che agli italiani interessi dove vanno a finire i soldi delle loro tasse e non badino solo a sapere quando potranno andare in vacanza.

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