Sci, ira dei governatori del Nord: "Ora ci devono pagare i danni"

Dopo la decisione del ministro Speranza di non riaprire gli impianti, Zaia e Cirio guidano la rivolta: "I ristori non bastano"

Sci, ira dei governatori del Nord: "Ora ci devono pagare i danni"

Neanche questa settimana lo sci potrà ripartire. E adesso anche il governatore del Veneto, Luca Zaia, si è detto perplesso dalla decisione presa dal ministro della Salute Roberto Speranza a poche ore dalla riapertura. Lo stesso Zaia, come anche il presidente della Lombardia Attilio Fontana, aveva già firmato una ordinanza per consentire la riapertura degli impianti sciistici mercoledì 17 febbraio. Ma il danno economico si fa sempre più importante a questo punto. Un danno enorme per tutti: commercianti, albergatori, ristoratori, che credevano fino all’ultimo di poter cercare di risollevarsi. E invece niente. Ormai la stagione sciistica sta volgendo al termine, in un anno che, per beffa, è stato uno di quelli con maggiore neve, non si vedeva da tanto.

Zaia: "Non bastano i ristori, servono indennizzi"

“Ora non si può più parlare soltanto di ristori. In questo caso ci vorranno degli indennizzi. Dei riconoscimenti per il danno subìto” ha affermato Zaia rilasciando una intervista al Corriere. Gli indennizzi adesso servono perché Lombardia e Piemonte, che avrebbero dovuto riaprire oggi, lunedì 15 febbraio, sono venute a conoscenza della decisione presa da Speranza solo quattro ore prima della riapertura possibile degli impianti, come sottolineato dal presidente del Veneto. Già, perché le località che offrono sci in notturna avrebbero potuto riaprire a mezzanotte e un minuto. “Dietro alla montagna invernale ci sono sì gli impianti di risalita, i grossi operatori. Ma c’è anche una nuvola densa di piccole attività, dalla ristorazione ai maestri di sci, che non è codificata ma è imponente. Ci sono gli stagionali... Il danno è colossale” ha continuato Zaia. E secondo il governatore a quewsto punto i ristori non bastano più, ci vuole un indennizzo vero e proprio perché gli operatori avevano già preparato le piste, i ristoratori, i bar e i rifugi avevano fatto gli ordini e riempito le dispense, e i lavoratori stagionali avevano già raggiunto le località di montagna pronti a prendere servizio.

Alla domanda se questa decisione dipenda magari dall’andamento del virus, Zaia sottolinea che sono almeno dieci giorni che esperti e tecnici si confrontano sulla riapertura dello sci, ma si è aspettato l’ultimo momento per decidere. “Io avevo fatto l’ordinanza proprio per tener fuori il Carnevale, ma il punto è un altro: mi rifiuto di pensare che occorrano i dati del venerdì per decidere che bisogna tenere chiuso il lunedì. Lo dico proprio per il rispetto che porto agli scienziati. Ma qui, vorrei che fosse chiaro quello di cui parliamo”. Zaia ha infatti spiegato che in Veneto non si può scherzare sulla montagna nella stagione invernale. Prova ne sono i Mondiali di sci in corso di svolgimento e i giochi olimpici. Da qui il paragone: le Dolomiti stanno al Veneto come Venezia. Anche perché il turismo, come ricordato dal governatore, è la prima industria della regione, con ben 18 miliardi su 160 miliardi di Pil. Sono oltre 70 milioni i turisti ogni anno, dei quali 14 milioni che visitano Venezia. Due turisti su tre arrivano dall’estero. Già persi 65mila posti dilavoro, dei quali 35mila nel turismo, nonostante il blocco dei licenziamenti.

Provvedimento in zona Cesarini

Nulla da dire comunque, “la salute viene prima di qualunque altra cosa, dubbi non ce ne sono. E mi rendo conto che per la politica le ultime settimane sono state difficili. Ma è pur vero che gli operatori avevano letto un Dpcm che consentiva di riaprire il 15 febbraio. E dunque, il provvedimento in “zona Cesarini” qualche dubbio lo lascia: ci sono dei tempi che se non sono rispettati, mandano tutto in deflagrazione. Lei parlava di varianti, ma non è che siano una sorpresa della domenica. Quando a dicembre avevamo trovato qui la variante inglese, c’era chi l’aveva liquidata come irrilevante, come se fosse Zaia alla ricerca di alibi”. Per la riapertura degli impianti si dovrà aspettare, se tutto va bene, sabato 6 marzo. Quando ormai la stagione sciistica sarà terminata. E chissà che la decisione non venga comunicata solo il venerdì precedente.

Sulla stessa linea Piemonte ed Emilia-Romagna

Alberto Cirio, presidente della Regione Piemonte, in una intervista a La Stampa, ha fatto appello a Draghi, del quale ha detto di fidarsi, e di voler vedere questo atto come la coda del precedente governo e non il primo del nuovo esecutivo. "Voglio sperare che questo sia l'ultimo provvedimento del ministro Speranza impostato con il metodo Conte. Non c'è stata nessuna interlocuzione con le Regioni, solo qualche messaggio. È una situazione inaccettabile e che per altro condanna alla chiusura definitiva della stagione. Se questo è il modo con cui il governo Draghi pensa di sostenere le nostre imprese e i nostri cittadini, c'è da preoccuparsi fortemente" ha aggiunto Cirio. Come ha tenuto a sottolineare il presidente, per alcune regioni, come la sua, lo sci non è un divertimento, bensì il primo prodotto turistico su cui vivono aziende e persone che da un anno sono fermi.

“Avevano ancora qualche risparmio da parte e lo hanno investito perché il 4 febbraio il Cts aveva detto che in zona gialla si sarebbe potuto sciare dal 15 febbraio. Sulla base delle regole e fidandosi dello Stato hanno adeguato tutti gli impianti alle linee guida spendendo soldi per riaprire in sicurezza. Mercoledì il pre-report ha confermato la zona gialla. Venerdì, durante la cabina di regia, nessuno ci ha detto nulla di diverso e domenica sera alle 19 arriva un'ordinanza che blocca tutto? Questo vuol dire che chi ha firmato o vive in un mondo che non è quello reale oppure che non ha rispetto per la gente che lavora, per le famiglie e per tutti quelli che si sono fidati dello Stato". Come sottolineato da Cirio, il tempo adesso è finito e il governo deve fare la sua parte.

Anche il presidente della Regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, ha commentato la decisione presa in extremis da Speranza. "C'è molta rabbia. Non nel merito, non siamo scienziati e al primo posto viene la tutela della salute. Quello che è accaduto spero sia un'ultima volta perchè non è più tollerabile". Intervenuto a Mattino Cinque su Canale 5, il governatore ha tenuto a sottolineare che “la settimana scorsa il comitato tecnico-scientifico ha dato il via libera alla riapertura degli impianti per le regioni in zona gialla. Abbiamo lavorato come regioni, insieme ai gestori degli impianti e agli enti locali, per riaprire le piste da sci con regole ancora più stringenti. Solo pochi giorni fa noi presidenti abbiamo detto che non volevamo la riapertura dello spostamento tra regioni nemmeno in zona gialla. Ci sono gestori e imprenditori che hanno lavorato per rimettere a posto le piste, per assumere personale, con prenotazioni". Insomma, per Bonaccini, apprendere la decisione poche ore prima della riapertura oltre a essere un danno, è anche una beffa. Ha infine affermato che è giusto salvaguardare la salute e che se vi sono nuovi rischi è bene prendere provvedimenti, ma non con così poco preavviso. Perché inaccettabile. E agli esperti il presidente ha chiesto meno interviste e un maggiore confronto.

L'allarme di Confindustria Alberghi

“A 12 ore dall'apertura attesa da mesi, si blocca nuovamente il turismo della montagna. I danni sono drammatici, le aziende del settore si erano preparate alla riapertura, attesa da mesi e annunciata da diverse settimane, con acquisti e l'assunzione del personale.

La marcia indietro dell'ultimo minuto con il blocco degli impianti prorogato al 5 marzo, nella pratica chiude con un nulla di fatto la stagione invernale 2020/21 che non ha mai potuto iniziare". ha dichiarato in una nota Maria Carmela Colaiacovo, vicepresidente di Confindistria Alberghi.

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