Se il caffè della mafia viene servito nei bar

Sotto accusa la società dell'imprenditore pregiudicato Francesco Paolo Maniscalco. A decine di bar veniva imposta la fornitura di caffè

Se il caffè della mafia  viene servito nei bar

A Palermo il caffè lo serviva la mafia. L'indagine "Coffee break" della guardia di finanza ha portato al sequestro di cinque società per un valore di oltre 4 milioni di euro: due nel settore del commercio all'ingrosso di caffè, due bar e una palestra.

Società tutte riconducibili a un pluripregiudicato, ritenuto, in passato, uomo di fiducia di Totò Riina e condannato con sentenza definitiva per associazione mafiosa. Si tratta dell'imprenditore Francesco Paolo Maniscalco, 48 anni. Dopo la sua scarcerazione (nel dicembre 2006) i clienti, in un solo anno, sono aumentati del 300% e l'espansione della sua attività nel mercato del caffè non ha conosciuto soste.

Secondo alcuni collaboratori di giustizia, l'imprenditore ambiva a diventare il leader indiscusso nella fornitura del caffè agli esercizi commerciali di Palermo.

Il caffè della mafia veniva imposto ai bar che avrebbero acquistato partite di qualità inferiore rispetto al prodotto medio temendo ritorsioni. Tredici persone sono state denunciate per concorso in trasferimento fraudolento di valori.

Il provvedimento di sequestro preventivo ha interessato numerose

imprese dell'imprenditore. Tra queste la società "Cieffe group srl", con sede legale a Palermo, in via Ugo la Malfa; il "Bar Sport" di via Pisacane; la Palestra Body Club di via Dante; il bar Trilly di via Giacomo Cusmano.

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