È un martedì mattina impantanato e stanco, Matteo Salvini scrive su Twitter come vede la giornata, il futuro prossimo, l'arte della politica e queste sfibranti trattative sul governo. «Coerenza, pazienza, voglia di fare, umiltà, concretezza, e serve anche la fortuna». La frase ricorda le parole che Arrigo Sacchi prese in prestito dai giocatori di carte di Fusignano: «Occhio, pazienza e bus de cul». Salvini è un po' più prolisso, ma il senso è quello: la fortuna ci vuole. Non è un alibi e neppure fatalismo, ma un atto di umiltà. Vale nei bar di paese, negli affari, sui campi di calcio, quando prendi un treno o un aereo e pure in politica. Il senso è che tu puoi fare il possibile, poi però ti tocca fare i conti con l'imponderabile. Salvini cita in qualche modo Sacchi, ma Arrigo sa che questa storia del fondoschiena non è solo saggezza romagnola. È uno degli architravi della scienza della politica. È Il principe di Niccolò Machiavelli. La sorte è un tiro di dadi. È Giulio Cesare che si gioca tutto sul Rubicone. È l'altro Cesare, quello che Machiavelli considera il principe incarnato, che purtroppo non riesce a deviare il destino dell'Italia. Cesare Borgia, naturalmente. Se ha fallito lui, il Valentino, il figlio del Papa, non c'è dubbio che anche il leader leghista possa temere la malasorte. Non basta giocare d'azzardo. Non bastano i voti, le strategie, gli accordi firmati e controfirmati, la testardaggine e la capacità di riflettere le ansie e le paure del popolo. Serve la fortuna, ma un bravo principe non è che sta lì ad aspettare gli eventi, inerme. Machiavelli mette in gioco una qualità, un talento, che ti aiuta a resistere ai rovesci della sorte: la chiama virtù. È il contrario dell'ignavia, della miopia, della scelleratezza. Non è una categoria morale. Non ha a che fare con la bontà o con principi metafisici. È qualcosa che non puoi acquistare al mercato, perché è un capitale che ti costruisci con gli anni, fin da quando sei bambino. Non è solo istinto e non è per nulla furbizia. Non ti aiuta prendere scorciatoie. La virtù è un'attitudine, un modo di pensare e una visione del mondo. È la capacità di rispondere all'inatteso. Che cosa fai quando davanti a te si presenta qualcosa che non era previsto? Quando arriva il «cigno nero», l'anomalia, il fuori programma? Il leader senza «virtù» si affida al protocollo, applica vecchi schemi e vecchie mappe per risolvere situazioni anomale. Il futuro lo travolge e la fortuna lo abbandona. Il leader virtuoso non si affida invece al protocollo, ma mette sul tavolo il suo bagaglio culturale e come un giocatore di scacchi anticipa i tempi di gioco. Sta avanti. Vede i passi degli avversari e di tutti i protagonisti sulla scacchiera. Il guaio è che ogni mossa ha conseguenze infinite. Nessuno può prevedere tutto. Non ci sono maghi e veggenti. La storia non corre su binari già scritti e chi lo pensa di solito è pericoloso. Il leader saggio fronteggia la sorte, ma sa che non si addomestica.
Non sappiamo come finirà la lunga trattativa sul governo, ma una cosa forse l'abbiamo capita: Salvini è consapevole delle bizze della fortuna, Di Maio la ignora, convinto di dover governare per grazia di Dio e volontà della nazione.
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