Non c'è una strada per il ritorno. I poliziotti sono sparsi, si muovono nervosi e si sentono assediati. La folla non è compatta. Non è neppure una folla. Sono tanti individui che si muovono, deviano, avanzano si fermano, fremono, respirano. Tra di loro c'è un ragazzo con una giacca a vento bianca sul vestito nero. Si avvicina a un agente, prova ad afferrarlo, in un corpo a corpo maldestro cerca di strappargli la pistola. L'altro si divincola e punta l'arma al petto di un secondo giovane, quasi a bruciapelo. Si sente uno sparo e il ragazzo cade a terra. Non è morto, ma la ferita è grave. Sono le sette del mattino.
Sembra un film, uno di quelli che proprio qui hanno battezzato come Heroic Bloodshed. La traduzione grossolana è «spargimento di sangue eroico». Solo che non è cinema. È un video che racconta una delle tante giornate che ormai si ripetono nelle strade di Hong Kong. È che questa volta vedi il colpo partire in primo piano e la scena gira in ogni latitudine del mondo. Hong Kong non è più il «porto profumato». Non è più britannica dal 1997. È un pezzo di Cina che sente Pechino come un padrone. Non ha mai voluto morire comunista. Non si fida neppure del capitalismo di Stato, da superpotenza globale, degli eredi apostati di Mao. Ha sperato nella promessa di realizzare in qualche modo il principio di «una Cina due sistemi». Qui dovrebbe esserci ancora la Common law. Il problema è che troppo in fretta si sta sgretolando. Pechino fatica a gestire questa anomalia e Hong Kong si ribella. La governatrice Lam ha definito i rivoltosi con un termine da libretto rosso: nemici del popolo.
Il nostro ministro degli Esteri è stato a Shanghai appena una settimana fa. Di Maio ha incontrato il presidente Xi Jinping. Ha firmato una serie di accordi sugli scambi commerciali. Affari. La Cina è forte, la Cina è ricca, la Cina è il futuro. La Cina è tecnologia. L'Italia ha bisogno della via della Seta. Tutto vero. Solo che Di Maio ha aggiunto qualcosa di più. Ha detto che Hong Kong a noi non interessa. Non sono problemi nostri. Hong Kong è una questione solo cinese.
Hong Kong, invece, ci riguarda. Non si può mettere in un cantuccio la libertà quando non conviene. Ci sono in questi giorni processioni di farisei della libertà e della democrazia. Bene. È il cuore della civiltà occidentale. È qualcosa che abbiamo conquistato dopo l'orrore e la follia, scannandoci, con il sangue. Non può essere però un pianto a corrente alternata.
Non puoi lanciare anatemi contro l'ultimo nemico da demonizzare e poi chiudere gli occhi su tutto ciò che ti gira intorno. Hong Kong non è lontana. La Cina non è democratica e la libertà è un lusso per pochi. Farci affari ha un costo: l'Occidente non sarà più Occidente.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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