''Sembra un maschio'' scrivevano le tre giudici donne nelle motivazioni della sentenza di assoluzione per due sudamercani che, nel 2015, avevano stuprato una 22enne peruviana. Oggi, a 3 anni dalla pronuncia choc in Appello ad Ancona, la corte d'Appello di Perugia - dove il processo è tornato dopo l'annullamento con il rinvio della Cassazione - condanna gli aggressori: ''Sono colpevoli''.
Lo stupro
I fatti risalgono al marzo 2015. Una ragazza di origini peruviane, 22 anni, si presenta al Pronto Soccorso dell'ospedale di Senigallia, in compagnia della madre, dicendo di avere subito una violenza sessuale alcuni giorni prima da parte di un coetaneo, mentre un amico dello stupratore faceva da palo. I tre frequentano la scuola serale e, dopo le lezioni, un giorno di marzo, decidono di bere una birra insieme. Ma, ad un certo punto, la serata prende una piega inattesa. La giovane e uno dei due compagni di classe si appartano, hanno ripetuti rapporti sessuali. Per gli imputati sono consensuali, per la parte offesa non lo sono, sia per l'eccesso di alcol sia per una esplicita manifestazione di dissenso. I medici riscontrano lesioni sul corpo della ragazza compatibili con una violenza sessuale e un'elevata quantità di benzodiazepine nel sangue che la vittima non ricorda di aver mai assunto.
La sentenza choc
Nell'estate del 2016 si apre il processo di primo grado che, alla data del 6 luglio, condanna uno dei due sudamericani - quello che ha avuto rapporti con la 22enne - a cinque anni di reclusione e il suo amico, complice seppur non partecipe alla violenza sessuale, a tre. Il 23 novembre 2017, dopo il consuetudinario ricorso da parte degli imputati, la Corte d'Appello dà loro ragione; li assolve perché ''non ritiene credibile'' la ricostruzione della parte offesa. Nulla di particolarmente indignante allo stato dell'iter processuale se non fosse che le motivazioni della sentenza sono a dir poco rabbrividenti. ''Sembra un maschio'' - scrivono le tre giudici della Corte di Ancona - la ragazza neppure piaceva, tanto da averne registrato il numero di cellulare sul proprio telefonino con il nominativo 'Vikingo' con allusione a una personalità tutt'altro che femminile quanto piuttosto mascolina". Poi la chiosa: "Come la fotografia presente nel fascicolo processuale appare confermare".
La Cassazione annulla il verdetto
Il caso, che all'epoca aveva suscitato notevole clamore, era stato rinviato al giudizio della Cassazione, che ha poi annullato la sentenza e inviato gli atti a Perugia.
Oggi, come riporta il quotidiano La Repubblica, a 3 anni da sentenza choc, la Corte d'appello di Perugia ha ribaltato la decisione della stessa Corte di Ancona condannando i due sudamericani per il reato di violenza sessuale. Per entrambi, è stata confermata la condanna a 5 e 3 anni di reclusione decretata in primo grado.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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