Il sindaco si allea agli antagonisti contro Fi e Lega

Tam tam in rete per boicottare il sit in di centrodestra. E Merola: liberi di manifestare contro

Il sindaco si allea agli antagonisti contro Fi e Lega

L'arrivo di Matteo Salvini è un'iniezione di vitalità. Un'occasione per scrollarsi di dosso la polvere e dimostrare di esistere. Un'opportunità da cogliere al volo.

Antagonisti. Centri sociali. Collettivi studenteschi. Le mille sigle della sinistra radicale rompono il diorama, escono allo scoperto e si mobilitano mentre Bologna si prepara ad accogliere il leader della Lega. L'appuntamento è per l'8 novembre e il comitato di controaccoglienza si sta organizzando per rovinare la festa. Non c'è da alzare il sopracciglio perché a Bologna Salvini fu già vittima di un'aggressione: alcuni facinorosi saltarono sul cofano della sua auto e spaccarono il vetro. Ora i compagni dettano su Facebook la linea intransigente: «Liberiamo Bologna da Salvini». E qualcuno gioca addirittura con la storia, si immedesima nell'epica partigiana, prova a richiamare lo spirito del 1944 ipotizzando una nuova Battaglia di Porta Lame contro il nemico.

Un passato glorioso. Un presente carico di tensione. E il sindaco che sembra ignorare il pericolo che si avvicina. «Questa è una città che è per la libera opinione - afferma Virginio Merola - quindi ospita anche chi è contro la libera opinione». E ancora: «Se c'è libertà di opinione, c'è anche libertà di manifestare contro».

Per il primo cittadino, dunque, vale tutto. E nulla pare scuoterlo da questa posizione similgandhiana. In città si susseguono i flash mob , le assemblee, sui muri del centro storico compaiono a macchia di leopardo scritte non proprio beneaugurali: «Zona deleghistizzata». Non importa, Merola attende a braccia conserte confidando in una sorta di improbabile galateo. L'anno scorso, Salvini dovette interrompere la visita a un campo rom quando l'auto finì nella trappola degli urlatori. Ora la Lega misura la propria ambizione sin dal titolo della manifestazione: «Liberiamoci e ripartiamo», promossa dal Carroccio con l'adesione di Casapound, La destra e Fratelli d'Italia. E con la probabile partecipazione, pur fra polemiche e scintille sulla leadership della destra, di Silvio Berlusconi. Stavolta i discepoli di Bossi hanno conquistato Piazza Maggiore, vetrina del comunismo italiano, e questo rende ancora più motivati e temerari i sabotatori che si appellano alla tradizione della città più rossa d'Italia che verrebbe sfregiata dall'happening verde.

Fioccano allora le provocazioni, le filastrocche in tutte le gradazioni fino allo slogan facile facile: «Tortellini contro Salvini». E poi, naturalmente, c'è tutto il vocabolario leghista scagliato, parola per parola, contro chi l'ha coniato: «ruspe» e «respingimenti» sono i concetti chiave sulla bocca degli estremisti a caccia di una giornata di gloria. Il sindaco, convinto forse di essere una specie di papa laico, filosofeggia altissimo e fuma da solo il calumet della pace. I duri e puri vanno avanti con il loro countdown e perfino i grillini li bacchettano, denunciando «volantini di una stupidità imbarazzante».

Intanto, nel centrodestra, al di là delle fibrillazioni su quel

che succederà, si ragiona sul significato politico della manifestazione. Giovanni Toti invoca un «confronto con la Lega perché tutte le forze di opposizione siano in piazza con Salvini l'8 novembre». Obiettivo non scontato.

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