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Strage del treno 904, l'imputato Totò Riina segue il processo steso in barella

Il "Capo dei capi" segue il processo sulla strage del treno 904, in cui è l'unico imputato come mandante, in videoconferenza dal carcere disteso su una barella

Totò Riina nell'aula bunker di Palermo negli anni Novanta
Totò Riina nell'aula bunker di Palermo negli anni Novanta

Nuova udienza davanti alla Corte d'Assise d'Appello di Firenze per il "Capo dei capi": è a processo per per lo scoppio di una bomba sul treno rapido 904 Napoli-Milano del 23 dicembre 1984, che costò la vita a 16 passeggeri e dove rimasero ferite 267 persone.

Unico imputato è Totò Riina, che il 14 aprile 2015 venne assolto in primo grado dalla Corte d'Assise di Firenze "per non aver commesso il fatto". Il boss mafioso, imputato con l'accusa di essere il mandante, il determinatore e l'istigatore della strage, è collegato in videoconferenza dal carcere di Parma con il Palazzo di Giustizia di Firenze.

Il capo di Cosa Nostra segue lo svolgimento del processo disteso su una barella. Nelle scorse udienze del processo d'appello l'avvocato Luca Cianferoni ha sottolineato le difficoltà di Riina, 87 anni, a seguire il processo a causa delle sue condizioni di salute. Nell'udienza del 27 aprile scorso fu necessario interrompere la sessione per consentire l'intervento del personale sanitario per assistere Riina.

In questo momento stanno parlando gli avvocati delle parti civili. In aula sono presenti anche alcuni sopravvissuti alla strage. È stata la Procura generale di Firenze a impugnare la sentenza di assoluzione in primo grado di Riina. Il pm Angela Pietroiusti, a nome della Procura di Firenze, aveva chiesto l'ergastolo. L'assoluzione, aveva commentato subito dopo la sentenza l'avvocato Luca Cianferoni, legale di Riina, è arrivata perché "manca la prova piena che sia colpevole. Praticamente è la vecchia insufficienza di prove".

Per la strage del Natale 1984 sono stati già condannati in concorso, in via definitiva, i boss Giuseppe Calò, Guido Cercola, Franco Di Agostino e l'artificiere Friedrich Schaudinn. Le indagini che hanno portato al processo di Riina furono riaperte sette anni fa.

L'attentato terroristico del 23 dicembre 1984, con una bomba fatta scoppiare alle ore 19.

08 all'interno della grande galleria dell'Appenino tosco-emiliano a San Benedetto Val di Sambro, sarebbe stato commesso, secondo l'atto di accusa della Procura di Firenze, "al fine di agevolare od occultare" l'attività di Cosa Nostra per mantenere ed assicurare "l'impunità degli affiliati e garantendo la sopravvivenza della stessa organizzazione".

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