Il dramma Ilva è un naufragio di un governo senz'anima

Il dramma Ilva è un naufragio di un governo senz'anima

L e ciminiere bianche e rosse che vomitano fumo controvento. La fabbrica muta che non produce più acciaio. Il mare di Taranto sullo sfondo. La scelta senza speranza tra morte e lavoro. Quelli che dovevano ricostruire il futuro se ne vanno stracciando il contratto che nessuno voleva rispettare. Questa è l'Ilva e il governo non ha uno straccio di risposta.

L'Ilva avvelena anche i partiti di maggioranza e almeno in questo caso non è un dramma. È solo il simbolo di un Paese che sta naufragando. L'Ilva corrode, scarnifica, mette a nudo il corpo del Conte bis. È un governo seduto sul nulla. Non può dare risposte perché non ha una politica. Non ha una politica industriale e non ha una politica sul resto. È un accordo che ha come unico sentimento il tirare a campare. È questa la sua maledizione: essere senza sostanza. Allora quando si trova di fronte a qualcosa di serio, che obbliga a scelte difficili e costose, sa solo alzare le mani, arrendersi e confessare davanti a tutti la propria inconsapevolezza. «Non sappiamo cosa fare». E così sia.

Tutto questo non ha soltanto un costo elettorale. Chi se ne frega. È qualcosa che va molto più in profondità e colpisce la ragione d'essere dei due azionisti più forti della maggioranza. Il Pd da tempo ha perso la sua vocazione a partito del lavoro. L'Ilva rischia però di essere il punto di non ritorno. Cosa è oggi il Pd? Una forza politica che è disposta a sacrificare ogni valore pur di governare. Il paradosso è che più perde e più governa. È una mossa che può apparire furba, ma in realtà li sta consumando. A volte un viaggio nel deserto è molto più utile di accasarsi su una poltrona. Questo viaggio nel Pd non sono stati mai capaci di farlo e continuano a prendere scorciatoie per ritornare al potere. Il risultato è che da anni e anni non sono più capaci di dare risposte, ma si arroccano in una presunta superiorità morale. Noi governiamo perché siamo i giusti. Non funziona più. Se ne stanno accorgendo anche Zingaretti e gli altri capi del Pd. Fino a che punto conviene stare in un governo che non ha un'anima? È quello che si stanno dicendo in questi giorni. Solo che non hanno il coraggio e il carisma per fare lo strappo.

Se si guarda in casa Cinque stelle la situazione è ancora più surreale. Non è rimasto quasi più nulla del Movimento che aveva illuso il 30 e passa per cento degli elettori italiani, quelli che votano. I grillini sono smarriti. Hanno perso tutte le certezze. Un tempo chiedevano la chiusura degli stabilimenti dell'Ilva e sognavano per Taranto un futuro da Silicon Valley. Irrealizzabile? Utopia? Si poteva essere d'accordo o meno sulle parole di Grillo, ma almeno c'era un progetto, un'idea, non questo balbettio, questo arrampicarsi su specchi sempre più scivolosi. L'Ilva è l'ultimo dei tanti tradimenti. Il volto di questo fallimento è il loro capo politico, Luigi Di Maio, ormai sempre più contestato dai suoi parlamentari. Si sta sgretolando anche il sorriso buono per tutte le stagioni di Giuseppe Conte. Il suo governo non risolve, accantona. Fa una manovra senza spina dorsale e non ha risposte per nessuno.

La Cgia fa sapere che in 10 anni i consumi delle famiglie sono crollati di 21 e passa miliardi. Almeno 200mila botteghe artigiane e piccoli negozi hanno chiuso. Il problema dell'Italia è la nuova povertà. Nessuno l'ha abolita. Nessuno dà risposte. Tutti gridano e si azzuffano.

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