La tradizione o la creatività? Sul cono è Italia contro il mondo

A New York spopola il «Booza» e a Londrà c’è il gusto-focaccia

La tradizione o la creatività? Sul cono è Italia contro il mondo

La colonnina di mercurio schizza in alto e anche il più incallito gourmet soccombe all'inappetenza da afa eccessiva e si rassegna a spiluccare frutta, verdurine e centrifugati. Per fortuna una via d’uscita c’è, golosa e rinfrescante e in fondo sdoganata pure dai nutrizionisti, purché non si esageri. È il gelato, goloso dessert che richiama coni appiccicosi, infanzie felici e passeggiate sul lungomare. Ma che, complice anche inverni sempre più caldi, ormai si mangia tutto l’anno. Ma in questa stagione diventa indispensabile. Ormai diffuso in tutto il mondo - dove piace come la pizza e più della pasta e del panettone – il gelato si diversifica e diventa altra cosa, spesso accogliendo usi e gusti locali. Il tutto poi – complice le foto postate sui social – fa il giro del mondo e si diffonde. Hanno spopolato l’anno scorso, ma continuano a piacere, il gelato viola a base di ube, un tubero asiatico, o quello nero alla cenere di cocco. L’italiano – tradizionalista in cucina come non mai - continua a preferire i gusti più classici: cioccolato, fiordilatte, pistacchio, nocciola, fragola e limone. Secondo Coldiretti l’anno scorso nel nostro Paese abbiamo speso 3 miliardi di euro in gelato e i consumi sono arrivati a 6 chilogrammi a testa. Ma basta fare un giro nelle gelaterie per capire come, spesso su una base «tradizionale» si diversifica e si tentano nuove strade, proponendo «specialità della casa» più o meno gradite. Ci si distingue per qualità della materia prima. Il pistacchio che una volta era verde brillante come un prato in primavera ora si vuole di Bronte, ed è Dop. Il cioccolato si segnala per l’origine, viene dall’Ecuador, dal Perù o dal Madagascar. Così il caffè, Arabica cento per cento dall’Etiopia o dalla Colombia. Gli agrumi? Siciliani. Il latte, persino, di montagna, da mucca da pascolo. Ma non mancano i tentativi con il latte di capra. Ci sono le erbe, basilico e limone tra i più freschi, la mela verde con lo zenzero, ma anche i sorbetti a base di vini, distillati e cocktail. E non mancano i sapori forti che aggiungono un tocco in più come aceto balsamico – unito alla fragola – peperoncino, rafano e pino mugo (L’idea? Sembra di essere in un fresco bosco di montagna). Ma intanto il mondo va avanti e prende nuove strade, a volte al limite del bizzarro. Quanto meno per noi che ci attestiamo come suoi inventori: il primo gelato moderno sarebbe stato ideato a Firenze nel Cinquecento da un’architetto, Bernardo Buontalenti per rendere indimenticabile il banchetto di nozze di Maria de Medici con Enrico IV. Una delle tendenze più nuove ad esempio guarda a un’antica tradizione mediorientale: è il gelato alla mastica, la resina vegetale ottenuta dal lentisco, che conferisce al freddo dessert una consistenza liscia e gommosa. Sta spopolando a New York con il nome di Booza. Il salato diventa gelato e spiazza: a Londra si trova quello all’olio d’oliva, rosmarino e sale, come una focaccia, e tra i gusti più nuovi c’è la tahine e il sesamo, bianco o nero, dal sapore mediorientale, direbbe qualcuno. L’ondata di novità ha coinvolto anche i coni. La cialda un po’ anonima dei nostri ricordi si rinnova in gusto e colore abbinandosi al sapore scelto. E sa di parmigiano o profuma di tartufo.

L’obiettivo però è spesso quello di fare furore nei post su Instagram. Perché alla fine dal gelato strano questo si vuole. Che sia buono, bello e instagrammabile. E che faccia notizia. Noi ci accontentiamo che ci rinfreschi e delizi in queste lunghe e torride giornate.

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