Di veti e di poltrone

A un mese esatto dal voto gli angoli dovrebbero andare a smussarsi e non il contrario. Il merito è soprattutto di Di Maio

Di veti e di poltrone

A un mese esatto dalle elezioni e nel giorno in cui Sergio Mattarella apre formalmente le consultazioni, il solco che divide i partiti si va allargando sempre più. Il merito è soprattutto di Luigi Di Maio che, anche per ragioni tattiche, continua con la sua politica del doppio binario: da una parte porta a casa poltrone grazie ai voti del centrodestra, dall'altra pone veti e detta condizioni.

Così, se va bene eleggere con il sostegno di Forza Italia Roberto Fico alla presidenza della Camera o, come accaduto ieri, Vito Crimi alla guida della super Commissione parlamentare che dovrà esaminare il Def, resta la conventio ad excludendum verso Silvio Berlusconi. Non solo. Perché Di Maio pone un altro veto (quello su Matteo Renzi) e una condizione a suo dire non negoziabile (che sia lui il premier del nascituro governo). Un trittico che, calato sul tavolo da gioco alla vigilia delle consultazioni, non poteva che rendere ancora più complicato il lavoro di Mattarella. E questo nonostante la solida consuetudine che ormai dal 2013 lega Di Maio all'attuale segretario generale del Quirinale, Ugo Zampetti.

La strada, dunque, si va facendo ancora più in salita. Perché se è vero che il M5s è uno dei due vincitori della tornata elettorale, è innegabile che i numeri in Parlamento impongano a Di Maio di sedersi al tavolo delle trattative con spirito collaborativo. E farlo chiudendo preventivamente la porta in faccia a Berlusconi e Renzi (che insieme rappresentano 10,7 milioni di voti, esattamente gli stessi del M5s) non è propriamente un approccio costruttivo. Certo, il leader pentastellato deve fare i conti con la sua base elettorale a cui difficilmente potrebbe far digerire un accordo con Forza Italia. Non è un caso che martedì l'assemblea dei parlamentari grillini che si è tenuta a Montecitorio abbia avuto come argomento principale proprio l'eventualità di un'intesa con il centrodestra, con Di Maio che è stato oltre due ore ad ascoltare i dubbi dei suoi per poi rassicurarli (ma senza escludere esplicitamente la possibilità che alla fine un accordo si trovi).

Il punto è che ad un mese dal voto gli angoli dovrebbero andare a smussarsi e non il contrario, come sta accadendo in queste ore. I veti di Di Maio, infatti, non hanno fatto altro che spingere la Lega verso Berlusconi e compattare il centrodestra.

Non è un caso che sia proprio Giancarlo Giorgetti ad evocare il ritorno alle urne qualora dovessero «continuare i veti su Berlusconi». E non solo lui, visto che sul Colle il tema di un possibile ritorno alle urne a breve è tornato d'attualità.

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